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28 Marzo 2024

Allo Chalet della Rotonda l’Antonio Cristiano di Gloria Benini


(Marco Ceccarini) Livorno, 20 agosto 2019 – Nel pomeriggio di domani, mercoledì 21 agosto, alle 17.30, nell’ambito del Premio artistico Rotonda, al rinnovato Chalet, andrà in scena la presentazione del romanzo “Il sopravvissuto” di Gloria Benini, edito dalle Edizioni del Boccale di Erasmo, liberamente ispirato alla vita di Antonio Cristiano, che del Rotonda è il mentore. Con loro, a parlare del libro e di Cristiano, ci sarà il presidente del Premio pittorico, Roberto Russo, oltre naturalmente all’autrice del romanzo, Gloria Benini, insegnante non nuova a fatiche ed opere letterarie.

In occasione dell’evento, che si preannuncia di grande interesse, chi scrive pubblica il testo di quella che sarebbe dovuta essere stata la prefazione al libro, scritta appunto dal sottoscritto, ma che poi, una volta consegnata alla casa editrice, non è stata pubblicata dalla stessa.

La copertina de “Il sopravvissuto” di Gloria Benini

Una sfida al destino. Una sfida che con caparbietà, ma soprattutto capacità e qualità, ha saputo a suo modo vincere, trasformando in straordinaria avventura un’esistenza che, al contrario, poteva essere grama e spesa ai margini della società.

Antonio Cristiano, livornese di Taranto, è pittore ma anche scrittore, attore e regista, artista a tutto tondo, un talento che è emerso a dispetto delle avversità della vita e di qualche ostilità di troppo. E al quale, adesso, queste belle pagine di Gloria Benini rendono una meritata giustizia.

Antonio nasce a Taranto nel caldo giugno del ’42, mentre la guerra ancora infuria nel mondo. Il regime fascista è saldo solo all’apparenza. Militarmente infatti le prospettive iniziano a volgere al peggio per l’Italia e la Germania. Piovono le bombe americane. E proprio durante uno di quei bombardamenti, Antonio rimane orfano di madre e perde una sorella. Lui è troppo piccolo per ricordare. Il padre è imbarcato in Marina. La situazione non è delle migliori. Così, in attesa che il padre torni dalla guerra, viene affidato a un istituto. Qui inizia il mistero del tempo che si confonde, il presente e il passato si fondono.

Gli angloamericani sbarcano in Sicilia nel luglio del ’43 ed iniziano la risalita dell’Italia dopo aver sconfitto la flebile ma non inesistente opposizione dell’esercito italiano. Mussolini dice che le truppe italiane, in realtà ormai sfinite, fermeranno inglesi ed americani sul bagnasciuga della Sicilia. Gli eventi bellici, però, racconteranno un’altra storia. Il 3 settembre a Cassibile, alle porte di Siracusa, il generale Castellano a nome del governo italiano e il generale Smith per quello statunitense siglano un patto segreto, un armistizio, con il quale l’Italia cessa le ostilità verso gli Alleati ed inizia ad opporsi alle forze tedesche. L’armistizio prevede che la sua entrata in vigore sarà effettiva quando questo verrà reso pubblico. Ciò accadrà nel pomeriggio dell’8 settembre quando il generale Eisenhower a Radio Algeri e il generale Badoglio attraverso l’Eiar lo annunciano quasi in contemporanea al mondo. In realtà del patto sono già venuti a conoscenza i tedeschi che dal giorno avanti, in varie parti del mondo, hanno cominciato a sparare ai militari italiani, ancora all’oscuro dell’armistizio.

Mentre a Cassibile si firma l’armistizio, gli anglo-americani passano lo stretto di Messina ed arrivano sul continente. L’esercito italiano continua una flebile resistenza, in quei giorni antecedenti l’8 settembre, ma ormai gli eventi bellici hanno preso la direzione definitiva. Quando Eisenhower e Badoglio annunciano l’armistizio, è già avviata l’operazione Slapstick, condotta dagli inglesi, che il 9 settembre porta alla liberazione di Taranto, la città di Antonio.

La città dei due mari, così chiamata perché le due porzioni di mare su cui si affaccia sono chiamate mar Grande e mar Piccolo, viene dunque liberata dal fascismo e dai tedeschi già ai principi del settembre ’43, come un po’ tutto il resto della Puglia.

In quei giorni, nelle spoglie stanze dell’istituto in cui è ospite, che appaiono fredde anche d’estate, Antonio sperimenta un rapporto triste e crudele con il mondo che lo circonda. E’ il sentimento dell’abbandono. Non ha più la mamma che lo ama e lo accudisce. Non ha ancora ritrovato il padre.

Eppure, proprio quel sentimento e le paure attraverso esso sperimentate, aiutano Antonio a scoprire sé stesso e il mondo, ad intuirne i limiti e le grandezze. Per cui, alla luce degli eventi successivi, proprio gli anni dell’orfanotrofio diventano fondamentali per la sua esistenza. Diventano gli anni che lo orientano a gusti e formazione.

La fine della guerra e il disfacimento delle forze armate italiane, poi, gli fanno il regalo più bello, tanto sperato quanto atteso, ma non scontato, dato che nessuna notizia arrivava in quell’orfanotrofio. Dopo la guerra, in modo rocambolesco, il padre lo ritrova. E, con il babbo, Antonio trova anche una nuova madre.

Esce dall’orfanotrofio con un’idea del proprio Sé, se non consapevole, comunque già tracciata, quantomeno a livello artistico. Quelli dell’orfanotrofio sono stati gli anni in cui lo spirito artistico si è impadronito della sua anima. Le arti figurative lo attraggono, captano e rubano le sue attenzioni, le sue emozioni. E lui a quelle emozioni ed a quelle attenzioni ha ceduto, nonostante sia ancora un bambino.

Andato ad abitare con il padre, il fratello e la nuova moglie del padre, che gli farà da madre e che gli darà altri fratelli, Antonio inizia a scarabocchiare che avrà sei o sette anni. Ad otto anni è già seduto davanti a una tavolozza e ad appena dodici anni espone per la prima volta alcuni suoi dipinti. Nel frattempo, però, viene attratto anche dalle altre arti figurative, in particolare dal cinema, nonché dalla musica. Così a quattordici anni partecipa con il fratello a un film di Elia Kazan. Ed a diciannove l’attore e talent scout Alfredo Adami lo scrittura come cantante.

Proprio come cantante Antonio ottiene i primi successi e guadagna i primi soldi. In molti associano il suo nome a quello di Adriano Celentano. E’ bravo. Vince dei concorsi canori. Ma lui è attratto più dalla composizione dei brani che dal canto. Si cimenta perciò come autore e qualche suo brano viene musicato. La stoffa c’è, ma le condizioni generali non gli permettono di dedicarsi in via esclusiva alle sue passioni.

Con l’arte spesso non si mangia, specie agli inizi. Così Antonio, ancora giovanissimo, si impiega alla ditta Lomi, dove nei primi anni Sessanta gli capita un brutto incidente sul lavoro che lo costringe a passare dall’officina all’ufficio. Lui ne approfitta per iniziare a scrivere un dramma in quattro atti, di tipo catartico, che concluso anni dopo viene però rappresentato una sola volta nel ’71. Lui stesso, deluso dalla performance degli attori che lo mettono in scena, decide di non riproporre più la sua commedia.

Sulla scena artistica per tutti gli anni Settanta, organizzatore del Festival della canzone toscana per tre edizioni, titolare di uno studio di pittura, animatore della vita culturale ed artistica livornese, Antonio lega indissolubilmente il suo nome al Premio pittorico Rotonda a partire dagli anni Ottanta, del quale è non solo partecipante a più riprese, ed anche vincitore, ma anche organizzatore, con la sola interruzione del ’18 degli anni Duemila, dall’anno ’81 ad oggi, e la storia è destinata a continuare.

Nel frattempo, cosa non secondaria, continua a coltivare l’altra sua grande passione, il cinema, sia come attore che come regista, dirigendo tra gli altri film come “Livorno, 1593” dedicato alle leggi livornine e partecipando alla serie televisiva sui Medici prodotta dalla Rai sotto la regia di Jon Cassar e Jan Maria Michelin.

Con tutto ciò, senza nulla voler togliere alla pur brillante carriera in ambito cinematografico e televisivo, Antonio Cristiano ha legato e lega la sua attività artistica in particolare alla pittura. Le sue opere sono state acquistate, spesso e volentieri, da artisti e pittori di fama, tra i quali Giovanni March, livornese della scuola Post-macchiaiola, che ha incoraggiato ed ispirato l’opera artistica di Antonio. Tanto che proprio March, al quale ha dedicato anche un film, può essere definito il suo vero e forse unico maestro.

Le opere di Antonio Cristiano, nel quale la scuola tradizionale toscana e in particolare dei Macchiaioli si contamina con le espressioni d’avanguardia della scuola francese, spagnola e naturalmente italiana, sono state influenzate, in particolare, da alcuni grandi e grandissimi della pittura mondiale, da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio a Pablo Picasso, da Giovanni Fattori ad Amedeo Modigliani, dei quali egli ha riprodotto, nel tempo, anche diverse opere. Così come ha riprodotto, detto per inciso, opere del suo pigmalione March.

Ma attenzione. In tutti i casi non ha riprodotto le opere per fare delle copie, bensì per creare a sua volta, perché le sue produzioni artistiche, seppure ispirate dalle opere dei grandi, sono sempre state, e sono, nuove e diverse. Perché Antonio, nel riproporle, le ha create con una sua tecnica, la tecnica del collage, facendole diventare qualcosa di inedito ed originale. Così come inedito ed originale, d’altronde, è il contributo che egli ha dato e dà all’arte livornese e della Toscana.

La scrittrice Gloria Benini

Ad Antonio Cristiano, artista poliedrico, la scrittrice Gloria Benini ha adesso voluto rendere soddisfazione dedicandogli la storia romanzata “Il sopravvissuto”.

Gloria Benini, nata a Livorno nel 1960, insegnante, non è nuova ad esperienze letterarie. Ha pubblicato racconti e romanzi brevi e ha collaborato, tra l’altro, alla stesura della raccolta di storie e racconti “Repertorio dei matti della città di Livorno” di Paolo Nori, edito nel 2016 da Marcos y Marcos di Milano.