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29 Marzo 2024

La bandiera del nuovo Pci (foto d'archivio)

Barzanti, Pci: “I toscani ritroveranno il loro partito sulle schede, ma la legge elettorale è inaccettabile”


Livorno, 18 agosto 2020 – “Mancano i dettagli, manca l’ufficializzazione, ma ormai ci siamo e si può dire che, con ogni probabilità, dopo trent’anni il simbolo del Pci tornerà sulle schede elettorali della Toscana in occasione delle prossime competizioni regionali. Saremo presenti in quasi tutti i collegi, ma non in tutti, perché una legge elettorale assurda ed antidemocratica mette le forze politiche che non sono già presenti in consiglio regionale in una condizione di inaccettabile svantaggio se vogliono partecipare alla consultazione. Nonostante ciò, ce l’abbiamo fatta quasi ovunque. I toscani potranno rivotare il loro partito, il rinato Pci. Porteremo con noi i valori, la tradizione e soprattutto l’agire politico e la volontà di trasformare la società in senso maggiormente democratico che fu del Pci storico, quello di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer, nella consapevolezza che il nuovo cammino è solo agli inizi”.

Ad esprimersi così, attraverso una nota stampa, è Marco Barzanti, segretario regionale del Pci e candidato alla presidenza della regione Toscana. Il Pci, guidato dal segretario nazionale Alboresi, è stato ricostituito nel 2016 a San Lazzaro di Savena in provincia di Bologna, a due passi dal complesso della Bolognina dove Occhetto nel 1989 interruppe la storia di quella che è stata la più grande forza politica organizzata del mondo del lavoro non solo in Italia ma in tutto l’Occidente.

“Adesso il cammino del rinato Pci può avere un ulteriore impulso”, spiega Barzanti. “In Toscana annunceremo entro breve, in forma ufficiale, se e dove saremo presenti alle elezioni regionali. Prima di fare ciò, però, vogliamo denunciare l’irrazionalità di una legge che non sembra neanche conforme ai principi della costituzione italiana, dal momento che assicura ai partiti già presenti in consiglio di essere alle elezioni senza quasi dover raccogliere firme, costringendo invece chi non è in consiglio regionale a raccogliere migliaia e migliaia di firme”, aggiunge Barzanti. “A un partito espressione di un gruppo già presente bastano dieci di firme in ogni collegio, chi invece come noi non è presente deve raccoglierne circa diecimila in tredici collegi. Se questa vi sembra democrazia… In ogni caso, solo in virtù del covid che ha prima interrotto la raccolta delle firme e poi ridotto i tempi a disposizione, su iniziativa del governo e non della regione Toscana, le firme da raccogliere sono divenute un terzo, motivo per cui, in piena estate, abbiamo dovuto trovarne comunque oltre tremila, contro le solite poche decine dei partiti o dei movimenti già presenti nell’assemblea regionale”.

La legge elettorale toscana, nota come Toscanellum, è stata approvata nel settembre 2014 con i voti non solo del Pd ma anche di gran parte del centrodestra. Prevede il ballottaggio tra i due più votati se nessuno dei candidati alla presidenza raggiunge il 40 per cento dei voti. Se una coalizione ottiene più del 45 per cento, porta a casa il 60 per cento dei seggi. Se invece i voti oscillano tra il 40 e il 45 per cento a tale coalizione viene assegnato il 57,5 per cento dei seggi.

Una coalizione, per entrare in consiglio, deve ottenere almeno il 10 per cento dei voti. All’interno di essa, per eleggere un consigliere, una lista deve ottenere quantomeno il 3 per cento. Se invece si presenta da sola, fuori dalle alleanze, una lista deve raggiungere almeno il 5 per cento dei voti.

“La tanto vituperata legge truffa del 1953, contro cui in Italia vi furono manifestazioni di piazza e il blocco dei lavori parlamentari, al confronto diventa un inno alla partecipazione democratica”, conclude Barzanti. “La legge truffa si limitava ad introdurre un premio di maggioranza assegnando il 65 per cento dei seggi, peraltro alla sola camera dei deputati e non al senato, alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse superato il 50 per cento dei voti, non prevedendo sbarramenti per l’accesso nei due rami del parlamento. Questa, invece, non solo prevede una inaccettabile ed anticostituzionale sperequazione tra chi è già in consiglio e chi è fuori e vuole legittimamente sottoporsi al voto popolare, ma anche delle soglie di sbarramento ai limiti del controllo autoritario in dispregio dei più elementari principi della democrazia rappresentativa”.

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