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26 Aprile 2024

Caporalato nel settore pesca, arrestato il comandante livornese di un peschereccio


Livorno, 5 dicembre – Caporalato in mare, nel settore della pesca: un giovane nel pomeriggio del 6 giugno 2016 annaspava in mare a 500 metri al largo della spiaggia di Calambrone. Un bagnino in servizio lo vide e si rese conto che era in difficoltà. Si gettò in acqua e lo trasportò a riva. Era un senegalese di 23 anni, che disse di essere stato costretto a gettarsi in mare, anche se sapeva che non era capace di nuotare, dal comandante e proprietario del peschereccio in cui lavorava come irregolare perché era in corso un pattugliamento della Guardia Costiera e rischiava di essere scoperto. Da questo episodio si sono sviluppate le indagini di Guardia Costiera e Carabinieri di Livorno per un’azione congiunta, che ha portato, questa mattina, all’arresto ai domiciliari del comandante del peschereccio, un livornese di 46 anni, Andrea Caroti, al quale è stato contestato anche il reato di “caporalato” e che da tempo sfruttava giovani extracomunitari di altri paesi africani retribuiti con dieci euro al giorno facendoli lavorare fino a dieci ore. Il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso dal giudice del Tribunale di Livorno e le indagini sono state coordinate dal pm Fiorenza Marrara. Le accuse: “sfruttamento del lavoro”, “violenza privata”, “violenza o minaccia per costringere a commettere un reato”. Il senegalese è stato anche minacciato dal suo “datore di lavoro” affinchè non aprisse bocca sull’accaduto. Sei i giovani africani sfruttati, costretti a turni massacranti e e pure offesi se non erano in grado di eseguire quanto loro veniva ordinato. I fatti sono stati illustrati nel corso di un incontro con la stampa dal comandante della capitaneria di porto,Giuseppe Tarzia, e del comandante del reparto operativo dei Carabinieri Armando Ago (nella foto da sin al centro: i comandanti Tarzia e Ago).
Dura anche la presa di posizione del sindacato Flai Cgil della Toscana sull’accaduto, che esprime estrema preoccupazione per l’episodio emerso nel settore della pesca: “E’ un fatto sconcertante – commenta Michele Rossi, segretario territoriale della Flai che segue il settore pesca a livello regionale – da anni ci battiamo per sconfiggere il caporalato nelle campagne e, nonostante la legge varata in seguito alla morte della bracciante Paola Clemente, siamo ancora lontani da estirpare definitivamente il fenomeno”.
Quella di Paola Clemente è una storia tragica, una donna morta di fatica per 2 euro l’ora che non è stata soccorsa purché ne avesse manifestato il bisogno, una storia di ricatto e morte, la stessa del giovane senegalese soccorso in mare, che ha sfiorato una fine peggiore soltanto grazie alla buona sorte.
La Flai rivendica con forza i diritti dei pescatori ormai da decenni, il riconoscimento delle malattie professionali e ammortizzatori sociali, ma ora si squarcia il velo su una nuova piaga “E’ necessario capire se è un fenomeno presente sul territorio a causa della grave crisi che lo affligge – prosegue Rossi – o se la piaga è estesa a tutto il settore, cioè un fenomeno sommerso sul quale è necessario fare luce”.
In questo periodo è in corso la campagna nazionale della categoria “Che Pesci Prendere”, assemblee in tutte le marinerie d’Italia per fare il punto sulla “Vertenza Pesca”: la richiesta al Governo di riconoscere ai lavoratori del settore ammortizzatori sociali, che al momento non ci sono, e le malattie professionali, di cui non è mai esistito un elenco “A queste tematiche – conclude Rossi – chiederemo alla Flai nazionale di aggiungere una sensibilizzazione sul fenomeno del caporalato, partendo proprio da quanto avvenuto sul territorio di Livorno”.