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19 Aprile 2024

Caso Perrone, indagato il testimone che ha permesso il ritrovamento del corpo


(Marco Ceccarini) Livorno, 28 aprile – C’è un indagato nel caso di Stefano Perrone, il ciclista trovato senza vita in un dirupo tra Gabbro e Castelnuovo della Misericordia la mattina di domenica scorsa, 23 aprile, dopo che il giorno avanti era uscito per fare un giro con la sua Cannondale e non è più tornato a casa. Si tratta del testimone, di colui che aveva risposto al disperato appello dei familiari del ciclista, preoccupati per il mancato rientro, accompagnandoli sul luogo dove aveva visto una bicicletta da corsa appoggiata sul bordo della strada provinciale e dove poi, tra la boscaglia, è stato in effetti ritrovato il corpo.
Perrone, 32 anni, infermiere al Pronto soccorso dell’Ospedale di Livorno, era uscito nel primo pomeriggio di sabato. Il mancato rientro, alla sera, aveva provocato sgomento in famiglia. Sui social era dunque stato lanciato con immediatezza un appello. Il testimone, un uomo di circa 40 anni, ha risposto a quell’appello. Il corpo dell’infermiere è stato ritrovato la mattina dopo in un fossato, tra la boscaglia, non distante dal luogo dove il testimone afferma di aver visto la Cannondale del valore di circa 5 mila euro, che non è stata finora ritrovata.
La Procura sta svolgendo gli accertamenti giudiziari e non esclude che, piuttosto che a una fatalità, il fatto possa essere ricondotto a più tragici o comunque diversi eventi rispetto alla prima ricostruzione dei fatti, consistente nell’ipotesi che Perrone, dopo aver appoggiato la bicicletta sul ciglio per fare pipì, sia scivolato nel dirupo, perdendo la vita. Secondo questa dinamica, il testimone sarebbe passato poco dopo e avrebbe visto una bicicletta incustodita. Il giorno dopo ha condotto gli stessi sul posto, dove la bicicletta non c’era più.
Secondo gli agenti della Polizia coordinati dalla pubblico ministero Fiorenza Marrara, invece, nel pomeriggio di sabato 22 aprile colui che si è presentato come testimone avrebbe urtato l’infermiere con l’auto provocandone la caduta. Poi, invece di fermarsi e soccorrere il ferito, si sarebbe allontanato portando con sé la Cannondale che l’infermiere aveva acquistato da poco. L’investitore sarebbe stato in auto con l’intera famiglia.
Sulla base di questa ipotesi investigativa, il procuratore capo Ettore Squillace, che nel frattempo si era rivolto a colui che ha portato via la bici affermando che “è possibile che qualcuno se ne sia appropriato senza rendersi conto dell’importanza che essa ha ora nell’inchiesta”, ha aperto un fascicolo a carico del testimone.
Secondo la Procura, peraltro, non è da escludere che l’omicida abbia spinto volontariamente il ciclista nel dirupo dopo aver avuto con lui un diverbio per motivi di viabilità stradale.
Ad alimentare i sospetti della Procura, oltre ad alcune dichiarazioni del testimone che sarebbero state ritenute contraddittorie dagli inquirenti, c’è il fatto che la cella del telefono cellulare dell’uomo adesso indagato si sarebbe attivata più volte nella zona dell’incidente proprio nel pomeriggio di sabato. L’auto dell’uomo è stata dunque sequestrata per accetare se vi sono segni riconducibili all’impatto con la bicicletta di Perrone. Le abitazioni dell’uomo e del suocero sono state inoltre perquisite alla ricerca della bicicletta, senza esito positivo.
Il testimone indagato si dice totalmente estraneo alla vicenda e ribadisce di essere passato per quella strada e che, avendo visto una bicicletta di grande valore sul ciglio, si sarebbe solo soffermato per vedere se c’era qualcuno, non riscontrando la presenza di nessuno. Subito sarebbe ripartito. In seguito avrebbe risposto all’appello dei familiari sui social per metterli al corrente del fatto che aveva visto la Cannondale appoggiata sul bordo della strada provinciale.
La pubblico ministero Marrara ha incaricato il medico legale Damiano Marra di effettuare l’autopsia sul corpo del ciclista per verificare se prima della caduta l’uomo abbia subito altre ferite. Al vaglio degli inquirenti, inoltre, c’è anche l’ipotesi che Perrone sia sopravvissuto per un po’, prima di cadere esamine a terra, percorrendo una quindicina di metri nella boscaglia. Anche questo aspetto sarà defintivamente appurato attraverso l’esame autoptico.
“La ricostruzione della Procura è assurda”, ha tuttavia affermato Massimo Gambacciani, l’avvocato che con la collega Isabella Martini difende il testimone salito sul banco degli accusati. Gambacciani ricorda che il suo assistito ha accompagnato i parenti della vittima sul posto e che è stato lui a mettersi a disposizione degli inquirenti. L’avvocato punta il dito contro la “cultura del sospetto” e conclude: “Certi atteggiamenti minano il senso civico e possono portare le persone a non rispondere alle richieste di aiuto se il rispondere rischia di trasformarli in criminali agli occhi della pubblica opinione”.