Cinema. Mal di pietre, la passione sopita di Gabrielle
24 Aprile 2017
(Donatella Nesti) Livorno, 24 aprile – Mal di pietre è tratto dal libro di Milena Agus del 2006 ambientato in Sardegna negli anni ’50. Mal di pietre è stato finalista al premio Strega, al premio Campiello e al premio Stresa di Narrativa . Dal punt o di vista commerciale, inizialmente era passato quasi inosservato.
Tuttavia la versione francese, Mal de pierres, ottenne un notevole successo e portò l’autrice ad un alto grado di notorietà. In seguito, sulla scia dell’affermazione sul mercato francofono, anche la versione originale in italiano si impose come best seller, tanto che ne fu prodotto anche un audiolibro. In occasione del Festival di Cannes 2016, il film francese dal titolo omonimo portò Mal di pietre sul grande schermo ed è ora nelle sale. Un film discusso e discutibile, un melò romantico che si può amare o disprezzare ma che non lascia indifferenti. Tutto ruota intorno alla protagonista Gabrielle (Marion Cotillard, nella foto) che viene da un paesino del sud della Francia, in un’epoca in cui il suo desiderio di trovare il vero amore è considerato scandaloso, se non perfino folle. Contro il suo volere, i genitori di Gabrielle la obbligano a sposare José (Alex Brendemühl), un onesto e amorevole contadino spagnolo che, secondo loro, la renderà una donna rispettabile. Un giorno, Gabrielle si reca sulle Alpi Svizzere, ambiente simile a quello de La montagna Incantata, per curare i suoi calcoli renali(il mal di pietre) e lì incontra André (Louis Garrel), un affascinante reduce rimasto ferito durante la guerra d’Indocina, che risveglia in lei una passione sopita. Gabrielle desidera disperatamente fuggire con André e liberarsi da un matrimonio che le sembra una prigione. E questa volta è determinata a seguire i suoi sogni. Il film contiene anche un finale a sorpresa ed inaspettato che non riveliamo ma che aggiunge interesse per lo spettatore. Perfettamente a suo agio Marion Cotillard in un ruolo che ricorda Madame Bovary e che la consacra eroina romantica e proto- femminista.
“L’idea per il film viene da un romanzo di Milena Agus, che mi ha ispirato un’idea molto potente per una storia che esplorasse il destino di una donna. Il libro, però, aveva bisogno di essere interpretato e reinventato” dichiara la regista Nicole Garcia ” il destino di questa donna rappresenta metaforicamente l’immaginazione, la forza creativa di cui tutti siamo capaci quando i nostri desideri e i nostri sentimenti ci spingono ad andare oltre i nostri stessi limiti. In Gabrielle, poiché è molto giovane, vive quel desiderio potente che lei chiama “la cosa principale”, quella dolce evasione di desiderio e di amore: un ardore animale. Questa passione, che abbraccia tutto il suo essere, finisce per scontrarsi brutalmente con l’uomo che vuole reprimerla (l’insegnante del villaggio); e poiché ci troviamo negli anni ’50, viene largamente condannata dalla sua famiglia e da tutta la società. Eppure perdura una forza dentro di lei, anche se è sposata. Nel corso dei 17 anni della sua vita, che vengono raccontati nel film, Gabrielle non perde mai quella forza pulsante che fa apparire tutto il mondo attorno a lei così mediocre. Grazie alla sua pazzia (come la chiamano gli altri) non rinuncerà mai ai suoi sogni. Quando si ribella e qualcuno cerca di reprimerla, sembra sottomettersi, mentre in realtà non arretra mai di un centimetro. E quando finalmente trova il vero amore – quel momento di estasi che potrebbe dare un senso alla sua vita, ma che ancora una volta il fato minaccia di rubarle – dimostra puntualmente di cosa sia capace la sua grande passione. Gabrielle vive al crocevia tra un mondo all’antica e un periodo di grandi speranze e libertà.”
Secondo la regista non poteva che essere Marion Cotillard la Gabrielle del libro “Ho pensato subito a Marion Cotillard per questo ruolo. Chi altri avrebbe potuto interpretarlo? Ho atteso che fosse libera da tutti i suoi impegni negli Stati Uniti; è andata così e di certo non me ne pento, poiché Marion ha dimostrato un grande rigore. Il suo impegno e la sua fiducia mi hanno colpito profondamente. Ha lavorato sul suo ruolo tutta da sola, scrivendo molti appunti in un piccolo taccuino, che la vedevo spesso consultare. Nel film, Marion mostra una grandissima sensualità, che credo sia davvero rara nel cinema”.
donatellanesti@libero.it
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