Il grillismo, solo trionfo dell’incompetenza?
20 Gennaio 2018
(Gino Fantozzi) Livorno, 20 gennaio – Alcune settimane fa sul Foglio è apparso un articolo di Dino Cofrancesco che mi piace riprendere per il fine messaggio che dà e le riflessioni che mi ha suscitato.
Non è sufficiente attaccare il populismo in generale e in particolare quello del movimento 5 stelle per l’incompetenza della sua classe dirigente, anche se avvalorata dalle prove di governo locale che finora ha dato.
Alla base del consenso grillino l’incompetenza non è un problema o meglio viene percepita solo come una ingenuità da neofiti facilmente superabile e comunque semmai un aspetto di cui vantarsi riguardo ai politici parolai, corrotti, infedeli e attaccati solo al loro potere. Il popolo, quello “vero”, si mostra oppositore a tutto campo di questi ultimi e l’importante è sradicarli dalla loro posizione dominante. Una volta pulita la scena tutto cambierà.
E questa posizione, questa idea, è molto radicata nell’elettorato dei 5 stelle, e difficilmente attaccabile. Sicuramente lo è quando si sbandiera solo il tratto della incompetenza senza affrontare i veri pericoli che questo eccesso di sans-culottismo può portare.
I social e la comunicazione amplificano questo malessere, fanno da cassa di risonanza alla insoddisfazione individuale che non appare mediata da nessuna forza politica. L’individuo è solo con le sue frustrazioni, i suoi problemi, le sue esigenze irrisolte e sfoga queste solitudini nella rete moltiplicando così la sua voce senza che questa diventi comunità reale ma solo virtuale, incapace di produrre una proposta politica ma soltanto la somma delle proteste.
Il vero pericolo a mio avviso sta proprio qua, nel non trasformarsi in proposta politica non tanto per incompetenza (che come già detto può apparire come valore) ma in quanto rabbia che non sfocia nella politica ma solo nella volontà di “distruzione”. Le regole democratiche sono usate e interpretate a seconda della protesta, quel che conta è abbattere la Bastiglia, poi il mondo cambierà. Dopo la Bastiglia abbattuta sarà però il Terrore e il 18 Brumaio. Quel che salverà la Rivoluzione francese saranno le idee di modernità e una classe borghese con dei valori che premerà con forza sulla storia, non certo le ghigliottine.
Oggi che con la globalizzazione e l’innovazione tecnologica, preponderante fa capolino il totalitarismo e l’anti-democrazia, con un percorso molto simile a quello che ha preceduto i sanguinari totalitarismi novecenteschi dove proprio la tecnologia ha ideologicamente dominato la scena.
Pertanto se vogliamo sconfiggere questo pericolo occorre evidenziare e combattere la solitudine dell’uomo contemporaneo e dargli il sostegno comunitario reale e una speranza di futuro, un qualcosa in cui credere e a cui puntare per superare i suoi problemi. Hannah Arendt, in un saggio del 1948, si chiedeva che cosa aveva determinato che il padre di famiglia tedesco si sia trasformato in assassino durante il nazismo e la guerra, e aveva dato come risposta: il terrore di perdere le poche cose acquisite come il lavoro e un certo benessere e soprattutto la solitudine che ne seguiva.
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