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28 Marzo 2024

Il sisma e il recupero delle costruzioni


(Ruggero Morelli) – novembre. Il sisma ha spinto la discussione sul recupero delle costruzioni crollate/lesionate, delle periferie, del risparmio energetico e del territorio spesso segnato da frane ed inondazioni.
Il piano di 4 miliardi annui di cui ha parlato qualche giorno fa Mauro Grassi può sembrare una proposta faraonica vecchio stile, ma potrebbe invece diventare uno dei pezzi fondamentali di un piano straordinario di investimenti pubblico-privati fatti per il bene e il futuro dell’Italia.
Non è escluso, quindi, che la prossima legge di bilancio possa portare a quel risultato che l’on. Realacci personalmente e con la Fondazione Symbola, chiede da tempo: passare da singole misure scoordinate a una seria politica di prevenzione e di investimento.
La differenza sta nella capacità di coordinamento delle varie misure, nella loro entità.
Anzi è proprio questa la battaglia che, anche dentro il governo, stanno giocando ministri che da mesi si ripetono sul bisogno di rilanciare anzitutto gli investimenti, a partire da Padoan e Delrio.
Sembra proprio, giusto per restare alle detrazioni fiscali Irpef del 50% e 65% – meglio note come “ecobonus” – che la scorsa legge di stabilità ha allargato agli interventi di prevenzione anti-terremoto nelle zone sismiche 1 e 2 – che il governo sia pronto a renderle almeno triennali – non fisse per evitare il rallentamento degli investimenti-.
Ciò per una politica di riqualificazione energetica dei condomíni e della pubblica amministrazione, con meccanismi di estensione degli interventi sugli interi edifici che permettano di superare una politica che premia solo alcune unità immobiliari e lascia fuori, per esempio, i soggetti fiscalmente deboli. «Tanto più questo ha senso – dice Realacci – per gli interventi di messa in sicurezza sismica dove io non intervengo, pur magari essendo intenzionato, se nel mio palazzo ci sono altri che non intervengono».
Questo spiega perché finora lo strumento non sembra essere decollato (dati ufficiali non ci sono) mentre l’ecobonus, così come per gli incentivi del 50% per le ristrutturazioni, ha avuto un grande successo dal 1998 e grande diffusione per i micorointerventi domestici.
Alcuni dati.
I due bonus per i lavori in casa, quello del 50% per le ristrutturazioni e quello del 65% per il risparmio energetico, non si fermano, anzi corrono veloci. Nei primi sette mesi dell’anno il Fisco ha operato ritenute per 1.060 milioni di euro che corrispondono a un investimento agevolato di 16.165 milioni, il 23,8% più del livello 2015.
Il dato è contenuto nell’ultimo rapporto dedicato all’impatto degli incentivi fiscali da Servizio studi della Camera e Cresme. Il Rapporto, che è stato commissionato dalla commissione Ambiente della Camera.
Nel documento è contenuta anche una previsione per l’intero anno 2016, a cura del Cresme, sulla base dei dati di luglio: l’Istituto di ricerca si attende 1,7 milioni di domande complessive (1,39 milioni per le ristrutturazioni edilizie e 328mila per il risparmio energetico) per un investimento complessivo di 29,2 miliardi (comprensivo dell’Iva) che segnerebbe il record storico assoluto dopo i 27,9 miliardi del 2013, i 28,4 miliardi del 2014 e i 25,1 miliardi del 2015.
Oltre al valore assoluto degli investimenti, che rappresentano il 60% del totale degli investimenti in recupero abitativo e il 42,5% del totale della spesa per recupero edilizio in senso lato (compresi gli stabilimenti produttivi e gli edifici pubblici), ci sono altri due parametri fondamentali: il numero delle domande presentate, che dal 1998 al 2016 supera i 14,3 milioni, dando il segno di un’agevolazione largamente diffusa e molto ben nota ai cittadini (se si considera la stima Istat di 25,9 famiglie, le domande presentate sono pari al 55%); il numero degli occupati è molto cresciuto negli anni 2011-2016.
Un aspetto interessante del rapporto è quello dell’impatto sui conti dello Stato, se nella legge di Bilancio, gli ecobonus saranno prorogati potenziandone la capacità di intervento su condomini e su attività di prevenzione antisismica.
Dalla relazione si evidenzia quindi che quello dei bonus non è solo un costo per lo Stato. «La valutazione dell’impatto economico della spesa sostenuta nei diciannove anni che vanno dal 1998 al 2016, utilizzando il procedimento di stima per l’intera durata degli incentivi fiscali in termini di defiscalizzazione, vale a dire dal 1998 al 2026 – afferma una sintesi del Rapporto – evidenzia come il costo per lo Stato, dovuto ai minori introiti conseguenti agli incentivi, ipotizzando che gli aventi diritto beneficino interamente degli incentivi nel corso del tempo, ammonta a 108,7 miliardi di euro (5,7 miliardi di euro l’anno), mentre il gettito fiscale e contributivo in base alla legislazione fiscale vigente, se tutto si svolgesse con regolarità, sarebbe pari a 89,8 miliardi di euro (4,7 miliardi di euro annui). Il saldo totale sarebbe quindi negativo per 18,9 miliardi di euro, pari a poco meno di 1,0 miliardo di euro medi annui ma allo stesso tempo sarebbero stati attivati tra pubblico e privato 237 miliardi di euro di lavori, 12,5 miliardi di euro di lavori all’anno».
Non finisce qui, se si considera che ”lo Stato incassa i proventi spettanti nell’anno di esecuzione dei lavori, e distribuisce la maturazione dell’incentivo nell’arco di tempo di dieci anni.”
La Ragioneria generale potrebbe fare obiezioni formali a questo conto, utilizzando parametri di legge. Resta il punto fondamentale e sostanziale da cui non si può sfuggire: questo è fisco che ha creato sviluppo, ha evitato una crisi ancora più grave del settore edile.
Come corollario potrebbe essere valutata la proposta di Innocenzo Cipolletta formulata due anni fa. Il rettore della università di Trento, ha sostenuto l’importanza del piano di riqualificazione e ricostruzione dell’esistente, evidenziando, in particolare, il ruolo cruciale dello Stato: «In generale, è auspicabile che lo Stato, con apposite leggi, stimoli i proprietari a sentirsi responsabili del mantenimento e ammodernamento dei loro beni, attraverso interventi focalizzati all’incremento della sicurezza, a una sempre maggiore efficienza energetica e anche al miglioramento estetico. In questo modo si otterranno diversi benefici: la riqualificazione delle nostre città, una continuità di domanda per il settore edilizio e, non da ultimo, più entrate per lo Stato, grazie all’Iva raccolta su tali attività. Avviare il recupero della facciate nei centri urbani. Come fece la Francia a Parigi.Costi modesti per i proprietari ma grande efffeto sul decoro, turismo e bellezza.” e molto lavoro per le imprese.