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29 Marzo 2024

La ricerca in Italia, Elena Cattaneo al governo: “Più investimenti”


(Ruggero Morelli) Livorno, 5 ottobre 2018. Alcuni giorni fa Elena Cattaneo, senatrice a vita, dal 2013, farmacologa e biologa, ha rivolto un invito al nostro Paese perchè investa di più nella ricerca ed ha messo in rilievo alcuni dati.
Infatti “il rapporto 2017 della Commissione europea su ricerca e innovazione indica: negli ultimi dieci anni gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo in Italia sono diminuiti di oltre il 20 per cento. Nel 2015 rappresentavano appena lo 0,51% del Pil e, uniti agli investimenti privati, raggiungevano l’1,34 per cento”.
Questi dati sono lontani da quel 3% del Pil in ricerca che rappresenta l’obiettivo del programma europeo Horizon 2020, il più grande fondo mondiale per la ricerca mai raccolto sotto un’unica autorità politica, con una dotazione di quasi 80 miliardi di euro in 7 anni. Nel triennio 2014-2016.
“Il nostro Paese è secondo, dopo il Regno Unito, come numero di progetti inviati, ma scivola al ventunesimo posto, dopo la Romania, per progetti vinti”. E dobbiamo ricordare che la Commissione Europea sta approvando oggi il bilancio 2018-2025 che prevede una aumento dello stanziamento sino a 100 miliardi.
Se quindi l’Italia vorrà partecipare a questi fondi con progetti maturati nei nostri centri di ricerca dovrà porre molta attenzione ai dati relativi sia ai bandi ERC – Europian reserch council – sia a quelli dello Starting Erc – dedicato ai più giovani./(nella foto Elena Cattaneo)
Nei dieci anni passati: “dei 751 progetti vinti da ricercatori italiani, 335 (il 45 per cento) riguardano idee di studiosi italiani che hanno sviluppato o svilupperanno le loro ricerche in altri Paesi europei che li hanno accolti e dove investiranno i circa 2,5 milioni di euro dell’ERC. E per lo Staring Erc:”dei 42 italiani vincitori, 30 continueranno le ricerche in università estere. Non andò diversamente nel 2017. È sconvolgente scoprire che l’Italia è pressoché l’unico Paese con questo tragico saldo negativo: idee vincenti di giovani e brillanti ricercatori italiani che appartengono o apparterranno ad istituti di ricerca esteri”.
Ricordo peraltro che da ricerche svolte da Tinagli negli anni 2014-15 il fenomeno dei cervelli in fuga era da considerare generale per i paesi europei e addirittura anche per gli Usa, con numeri comunque non preoccupanti. Ma ecco un altro dato utile: la rivista scientifica “Nature” nel febbraio 2018 ricordava che l’Italia è il Paese europeo che ha maggiormente incrementato il proprio contributo al 10 per cento delle scoperte scientifiche più citate al mondo. Questi sono solo alcuni dei risultati delle nostre università e centri di ricerca”. Pertanto, scrive la senatrice Elena Cattaneo: “Nessuna forza politica sembra accorgersene. Eppure l’alternativa alla nostra politica dei tagli sarebbe esistita, basta guardare agli altri Paesi: mentre l’Italia nel 2016 investiva in ricerca pubblica e privata 21,6 miliardi di euro, il Regno Unito ne spendeva 33, la Francia 50 e la Germania 92. Sono questi i Paesi che accoglieranno molti dei 30mila studiosi che – si stima – l’Italia ha perso e perderà nel decennio 2010-2020. Paesi dove ricerca, innovazione e conoscenza sono sistematicamente oggetto di scelte politiche strategiche e consapevoli fatte a valle di un’analisi delle potenzialità di breve e lungo periodo”.
Questo è il modo migliore per selezionare le mission a cui dedicare sforzi e finanziamenti – per traslare in chiave nazionale la definizione usata da Mariana Mazzucato nel suo recente rapporto alla Commissione Europea sulle auspicate “missioni europee” sull’innovazione. La relazione di Mazzucato – presentata giovedì 22 febbraio al commissario per la ricerca e l’innovazione Carlos Moedas – è l’ultimo di una serie di contributi raccolti dalla Commissione nella fase che precede la proposta formale per il prossimo Programma Quadro (FP9), vedi su www.obiettivofp9.it .
La senatrice ha rilevato anche che:”L’ultima campagna elettorale, come le precedenti, non ha toccato i nodi che riguardano la ricerca pubblica. Nel programma condiviso del centrodestra, firmato anche dalla Lega, che oggi è al governo, la parola “ricerca” semplicemente non c’è. Nei programmi di altri partiti (Movimento 5 Stelle, PD, +Europa), nonché nel contratto sottoscritto dal governo giallo-verde, è invece possibile rintracciare un punto comune: la volontà di istituire un’Agenzia nazionale per la ricerca. Di questo ha parlato anche il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti nella sua prima audizione davanti alle commissioni Cultura di Senato e Camera, senza tuttavia precisare tempi, compiti e modalità di attuazione”.
Una Agenzia per la ricerca, Anvur, esiste già, anche se ha per scopo la valutazione e non la cura e promozione. Vedremo se l’appello della professoressa Elena Cattaneo avrà qualche effetto sul Governo e sul Parlamento. ruggeromorelli@libero.it