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23 Aprile 2024

Le donne faranno la differenza al referendum


(Gino Fantozzi) Livorno – novembre. Credo fermamente che anche questa volta, come tante altre, saranno le donne che faranno la differenza. Che vinca il si o il no, la spinta verrà o meno dalle donne, che contrariamente agli stereotipi, sono le più razionali e le più attente e sensibili al problema del futuro. Lo hanno fatto con i diritti civili a cominciare dal divorzio, che in maniera assolutamente trasversale agli schieramenti partitici furono determinanti nel contribuire al successo della riforma. E’ una riflessione pseudopsisociale, la mia? non credo. Basta parlare con la gente e ci accorgiamo che le donne se una scelta l’hanno fatta sanno meglio argomentarne i contenuti, se non lo è ancora, la loro curiosità contiene la richiesta di informazioni per poter decidere con maggiore cognizione. Gli uomini invece sono più viscerali, almeno in questo caso. Strano vero? E lo sono di più nel fronte del “no”, pronti a difendere fino in fondo una idea. Diciamo che sono più ideologizzato e meno disposti ad un pacato confronto.
In fondo abbiamo ormai compreso tutti che in realtà i temi della riforma sono in secondo piano rispetto al ruolo di Matteo Renzi, al suo modo più “spregiudicato” di muoversi, alla sua “fretta di fare”, in un Paese dove la fretta, almeno in politica, è quasi una cosa blasfema. E quel che è a mio avviso fuorviante è che poi questo atteggiamento del leader suscita simpatie o antipatie, cosa di per sé umana ma assai pericolosa in politica, quando si dovrebbe invece riflettere sulle scelte fatte o progettate e non sul modo di presentarle. Ma questo sistema di comunicazione così distorto come quello in cui viviamo, dove la terza carica dello stato, deve arrivare a denunciare offese pubbliche sui social networks, vera e propria brutta copia della folla di manzoniana memoria, che il presentarsi in un modo invece che in un altro può fare la differenza. Ma sotto sotto nel modo di presentarsi di Renzi c’è un aspetto più importante che è il “decisionismo”. Guai, l’italiano non lo apprezza. Ci tentò Craxi e fu travolto, molto più per questo, a mio avviso, che per le tristi vicende di tangentopoli. Ma questa avversità deriva soprattutto dalla struttura economico sociale del nostro Paese, fatto soprattutto di gruppi di interesse che rappresentano una parvenza di sicurezza per coloro che vi appartengono ma sono in realtà dei vincoli terribili allo sviluppo in una società aperta. E quando si tenta di scardinare questi interessi, (se non tutti almeno alcuni che creano più disagi) gli individui che ne fanno parte si sentono esautorati e meno protetti, quindi più disposti a lottare per non perderli. E’ così nel campo del lavoro e delle rappresentanze sindacali, in quello delle imprese, nella Pubblica Amministrazione e nella relativa burocrazia (notoriamente più conservatrice), nella Giustizia, ecc. Chi si mette sulla strada di rompere è inevitabile che venga contrastato. Il referendum costituzionale è stato rappresentato anche in questo modo, come un tentativo di rompere certi centri di potere (in particolare quelli decentrati con la riforma del titolo V sulle competenze delle regioni e degli enti locali così maldestramente cambiato neanche vent’anni fa) ma anche su quello della modifica del bicameralismo perfetto per una maggiore snellezza del procedimento legislativo. Riforma, che come ho già avuto modo di scrivere è stata votata con modifiche rispetto al testo presentato dal Governo, dal Parlamento in un anno e mezzo di dibattito serrato, e che ora in base alla stessa Costituzione dovà essere votata dal popolo. E’ un cambiamento, quello proposto, della organizzazione statuale e non dei principi fondamentali che rimangono tali e inviolati.
Spero che i pochi giorni che rimangono da qui al voto possono per quanto possibile placare gli animi e che si pensi con maggiore serenità ad una riforma che non stravolge l’assetto democratico del Paese semmai, almeno nelle intenzioni, lo rende più snello. Lasciando le antipatie e le simpatie alle fiction televisive e, in termini politici, a cercare un chiarimento politico con Renzi nelle sedi giuste che sono quelle del Parlamento. E soprattutto stiamo attenti a chi vuol difendere il nostro sistema democratico incitando la piazza, dopo il 14 luglio successe il regime del terrore.
Per tornare alla mia riflessione iniziale, che le donne riscoprimmo anche stavolta il loro buon senso e contribuiscano all’esito referendario con quella saggezza che li è propria.