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29 Marzo 2024

L’insegnante, i migranti e l’accoglienza


(Carla Ermoli) Livorno, 9 ottobre 2018 – Sono un’insegnante in pensione che da più di venti anni, assieme ad altri volontari, insegna italiano alle donne migranti presso il Centro donna della nostra città. Il corso da noi gestito ci ha permesso di conoscere realtà diverse dalla nostra, di ascoltare, di comunicare e di creare occasioni di scambio e d incontro.
Proprio in questi giorni ho incontrato una delle nostre ex “allieve” che conosco da tempo; assieme alla sua famiglia è ben inserita nella realtà livornese e nella nostra società. Nel passato l’ho sentita sempre fiduciosa e serena, contenta di vivere a Livorno dove ha trovato accoglienza e opportunità di lavoro.
Ma nell’ultimo incontro mi comunica un sentimento che mi lascia interdetta: “Ho paura, ho paura di uscire di casa, non mi sento più sicura. Avverto gesti e ascolto parole di rifiuto”. Cerco come posso di rassicurarla, di dirle che a Livorno e in Italia c’è ancora tanta gente che si comporta in modo diverso, capace ancora di solidarietà e vicinanza.
Ma appena a casa mia, sento ché non riesco e non posso sottovalutare la sua paura, che devo comunicare ad altri il suo disagio. Le sue parole non mi lasciano indifferente, mi sollecitano con domande impegnative. Che cosa sta succedendo attorno a noi? Che cosa è cambiato in quest’ultimo periodo e perché tanti avvertono una trasformazione negativa in modo così coinvolgente?
Non sono in grado e non ho la presunzione di rispondere a questi interrogativi in modo completo ed esauriente ma cerco ugualmente di riflettere sulla situazione attuale, come posso. Di fronte a un clima che tende a farsi sempre più pesante, dove ognuno si difende dall’altro spesso disumanizzandolo, pensiamo di non poter cambiare lo stato delle cose, costretti solo a subire la situazione.
So bene che un cambiamento reale richiede tempi lunghi, una profonda e diffusa crescita culturale, ma non rinuncio a pensare che già da ora possa iniziare un cammino, personale e collettivo, a cominciare dal proprio ambito di lavoro, dai propri impegni sociali, dalle relazioni in famiglia e con gli amici.
Bisognerebbe essere capaci di usare un linguaggio diverso, più rispettoso e attento, cercando di superare pregiudizi e luoghi comuni nei riguardi di chi è diverso da noi per genere, religione, inclinazioni sessuali, costumi, colore della pelle, appartenenze. Solo l’incontro, il dialogo, l’ascolto dell’altro ci possono aiutare a superare i nostri schemi mentali semplici e rassicuranti.
E’ un confronto che non offre sicurezze e certezze ma ci può liberare da falsi sensi “prima noi e poi gli altri” nei riguardi di chiunque. L’apertura e il senso critico come bussola per il nostro cammino.