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18 Aprile 2024

Livorno, Carlo Pepi, Modì e i falsari


(Massimo Masiero) Livorno, 19 gennaio. Quando Carlo Pepi ha ricordato che anche “L’ultima cena” di Leonardo da Vinci, esposta a Milano nell’antico refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, è un falso riveduto e corretto, tra i presenti della sala stracolma di palazzo Granducale, c’è stato un momento di gelo. Ma il personaggio, considerato in Italia il più qualificato esperto sull’arte macchiaiola e di Amedeo Modigliani, ci ha abituato alle sue “intemperanze polemiche”, alle battute al vetriolo, alla sua guerra perenne per smascherare opere false e falsari corrotti. Ed anche i presenti hanno capito che la sua non era soltanto una battuta, ma una circostanza avvalorata da una ricerca effettuata su commissione chiesta da un esperto americano. Ha spiegato infatti che dopo il lungo e accurato restauro la pitturazione e stata alterata nei colori e persino sull’uso della tecnica innovativa dei restauratori italiani ineguagliabili nel mondo. L’affresco tuttavia non ha perso alcunchè della sua autentica originalità. L’accenno gli era stato dato dalla Fidapa e dal circolo culturale Il Centro di Livorno, i cui presidente Angela Simini e Enrico Dello Sbarba, lo hanno invitato a parlare di Amedeo Modigliani nel 98° anniversario della morte, ancora balzato al centro delle cronache, dopo la chiusura per intervento della Magistratura della rassegna a lui dedicata a Palazzo Ducale di Genova, popolata da 20 opere, considerate false dall’esperta Elisabetta Quattrocchi, ma dopo che Carlo Pepi, appena viste le aveva bollate come non autentiche. E sull’ “aire” delle falsità, il critico si è sbizzarrito in quantità nel corso degli ultimi decenni essendo considerato, e lo è, un intenditore, chiamato a valutarle fin da Stati Uniti e dalla stessa Gran Bretagna, che ha reso omaggio a Modì dedicandogli, fino al 2 aprile prossimo, al Tate Modern Museum, di Londra, che nel 1917 lo censurò, una mostra di circa cento tra sculture e dipinti, che incantano i londinesi e dove sono esposti anche il “Grande nudo disteso”, appartenente al Moma di New York e quello seduto del Royal Museum di Anversa.
E’ un dire ormai comune che Maudit abbia prodotto “più da morto che da vivo”, affermazione su cui varrebbe la pena di chiudere, se l’anedottica di Carlo Pepi non fosse densa di avvenimenti e di rivelazioni. E’ noto infatti che la sua battaglia contro i falsari di opere d’arte si sia sviluppata ed è poi continuata negli anni. Da quando fu posto “sotto osservazione” e “perseguitato” dai Carabinieri, che volevano accertare come fosse così certo del fatto suo. Possiede infatti una collezione di opere, diventata un museo a Crespina, visitato da ogni parte d’Italia. Ecco quindi la sua idiosincrasia per quelle divise che non facevano onore all’Arma, come racconta lui stesso, e come è poi accaduto con la sostituzione dei vertici, che destarono scalpore. La sua critica non ha risparmiato le televendite, che non avrebbero garantito un centinaio di opere risultate false e il pericolo costante delle organizzazioni di falsari, spesso intoccabili, che peraltro hanno sempre operato sin da tempi lontani e, recentemente, con opere moderne, rivolgendosi ai grassi mercati dei magnati asiatici. Un mondo che muove centinaia di milioni di euro e di dollari, difficile, se non impossibile, da debellare.
Non ha potuto essere assente dal racconto, la vicenda delle false teste di Modì del 1984, che catapultò Livorno in prima pagina e nelle Tv di tutto il mondo e che lui definì subito false, prima ancora che lo dicessero i tre giovani terribili, che realizzarono e gettarono nel canale mediceo. Fu naturalmente inascoltato quando la critica più accredita le riteneva autentiche. Ma in quell’occasione, per la verità, un dubbio lo espresse una esperta ad un cronista la stessa mattina in cui le teste furono fatte cautamente uscire dalle casse dove erano gelosamente conservate per essere esposte nella sala di Villa Maria, allora museo d’arte progressiva. La donna subito dopo la donna si dileguò, non fu più rintracciata, il cronista riferì dell’incauta “affermazione” all’assessore alla cultura, ma tutti ritennero fosse una fakenews d’allora. Il tempo dette poi ragione a Carlo Pepi e mise alla berlina il gotha della critica nazionale.
L’incontro si è sviluppato con domande e risposte. Su come si possano individuare le opere false Pepi ha presentato un volume in cui sono riprodotte le false opere di Modì, ma che occorre anche avere una predisposizione naturale. Lui, superati i 70 anni da un bel po’, è riuscito ad affinarla negli anni, posta la laurea in economia conseguita a Pisa nel cassetto, facendo “ammattire” i falsari e dedicando la sua vita alla ricerca artistica, spesso inascoltato perché scomodo. Quest’anno i 98 anni dalla morte di Modigliani si celebreranno con una messa in opera delle pietre d’inciampo, ha detto l’assessore alla cultura Francesco Belais, portando i saluti, ricostruendo il tragitto dalla casa natale dell’artista da via Roma alla Stazione, dove partì per Parigi, attraversando Corso Amedeo, che potrebbe diventare anche Corso Modigliani. A aprile ha detto a margine dell’incontro, sarà pronto per l’apertura il Museo della Città, ai Bottini dell’Olio, nel quartiere della Venezia.