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25 Aprile 2024

Romiti attacca Restellini, curatore della mostra di Modigliani, Salvetti e Lenzi lo difendono


(Simone Consigli) Livorno, 11 ottobre 2019 – Fratelli d’Italia all’attacco del curatore della mostra di Amedeo Modigliani, Marc Restellini. A muovere le accuse di non idoneità allo storico dell’arte francese è Andrea Romiti, consigliere dell’opposizione e candidato sindaco alle passate elezioni. La replica arriva secca: “Piena fiducia dell’amministrazione a Restellini ” , interviene il sindaco Luca Salvetti. “ Il consigliere Romiti cerca pretesti per portare avanti un gioco allo sfascio”.

Affidabilità, competenza e buonafede di Marc Restellini non vengono messe minimamente in dubbio dalla Giunta, si legge nel comunicato in risposta all’interpellanza Romiti, basata su un illecito che avrebbe portato a una denuncia da parte del Sole 24 Ore verso il curatore della mostra. Prende parola anche Simone Lenzi, assessore alla Cultura, sempre tramite un comunicato, in cui si nega l’esistenza di alcuna denuncia penale nei confronti del francese: “Il mio consiglio è di tenersi lontani da beghe che non ci riguardano, non facciamoci strumentalizzare da interessi di parte”.

Marc Restellini nasce nel 1964 a Pas-De-Calais, ad oggi è il direttore dell’istituto di ricerca omonimo e da lui fondato, che ha sedi in tutto il mondo. Restellini è stato direttore e fondatore anche della Pinacoteca di Parigi, di proprietà della banca francese Credit Agricole, il museo parigino è stato definitivamente chiuso nel febbraio 2016 dopo nove anni di vita. Il fallimento della Pinacotéque di Parigi è la causa che ha dato la stura all’interpellanza di Andrea Romiti, rinviata al mittente dalla Giunta.

L’institute Restellini detiene l’esclusiva sul catalogo delle opere di Modigliani e, come sottolineato da tutti gli esperti mondiali, la presenza di Marc Restellini è sicuramente la garanzia più alta che la mostra possa proporre ai livornesi opere originali.

“Modigliani e l’avventura di Montparnasse” è una rassegna recente ma non inedita, la stessa mostra è già stata allestita a Milano e a Parigi riscuotendo enorme successo. La mostra raccoglie le opere delle collezioni Netter e Alexandre e racconta, tramite le loro opere, la difficile avventura degli artisti“maledetti” della Parigi del Novecento, che spiccavano il volo verso l’astratto e il concettualismo per rappresentare l’anima, un’anima troppo complessa per essere ritratta solo figurativamente o in maniera impressionista, grazie a questo gruppo di artisti e in maniera decisiva ad Amedeo Modigliani, si deve questa svolta epocale per l’arte in tutto il mondo. Insieme a Modigliani (14 opere più 12 disegni), verrano presentati a Livorno altri cento quadri di Chaim Soutine, Maurice Utrillo, Suzanne Valadon, Andrè Derain e Moise Kisling. Assenti le sculture di Modigliani.

L’artista livornese si sarebbe dato totalmente alla scultura, fu il quadro clinico polmonare molto pesante e la povertà che lo portarono a orientarsi verso la pittura. Modigliani lavorava direttamente sulla pietra per ‘estrazione’, come faceva Michelangelo, questo richiedeva grande forza fisica che l’artista non poteva avere, provato dalla tubercolosi congenita che lo uccise a 36 anni, in più potevano essere letali per i suoi polmoni le polveri di pietra sollevate durante la realizzazione delle opere. Questi fatti clinici sommati all’indigenza (i quadri e i disegni erano molto più vendibili) fecero sì che Modigliani abbandonasse la scultura definitavamente nel 1913.

Nel 1911 presso l’atelier di Souza Cardoso, sito nel quartiere di Montparnasse, furono esposte comunque le sculture insieme ad altri disegni. L’amore per la scultura è testimoniata dall’amicizia e dall’influenza dello scultore rumeno Constantin Brancusi. Di Modigliani scultore si parla ampiamente nella recente mostra del 2014, “Modigliani et ses Amis”, allestita a Palazzo Blu a Pisa, in cui è stata dedicata una sala a lui e allo scultore rumeno. Se invece a parlare è Carlo Pepi è ovvio che il riferimento vada alla vicenda del 1984 e alla famosa beffa, alla quale più volte l’amministrazione e i suoi rappresentanti nelle loro comunicazioni hanno sottolineato di voler porre rimedio attraverso la mostra che sta per aprire il 7 novembre.

“Non è possibile aggiungere opere all’esposizione programmata”, così Simone Lenzi in riferimento a tre sculture autenticate dal critico d’arte pisano Carlo Pepi, famoso per essere stato il primo a smascherare la beffa delle false teste. Le teste di cui si parla oggi invece sono tre sculture ritrovate anni fa in un’officina in via Gherardi del Testa e a tutt’ora conservate dagli eredi dei proprietari presso la Banca Etruria. Le sculture, sono state proposte di recente da Pepi all’amministrazione per essere aggiunte alla rassegna livornese: “L’amministrazione comunale ” , continua nella risposta a Pepi, Simone Lenzi, “ non ha, né potrebbe avere, alcuna opinione circa l’attribuzione delle sculture in oggetto, essendo questa, materia che riguarda gli studiosi e non l’amministrazione pubblica”.