Solidarietà ed amicizia nelle scuole calcio, il libro di Caterina Satta
6 Ottobre 2017
(Ruggero Morelli) Livorno, 6 ottobre. Quando Linda mi ha invitato a partire per andare a scuola – 5a elementare – le ho detto che era ancora presto; ecco che mi ha preso una mano e mi ha detto che gioca e chiacchiera volentieri per qualche minuto con le sue amiche prima di entrare.
Mi sono ricordato sia i giochi prolungati dell’altro nipote Jacopo nel giardino della scuola/asilo al momento dell’uscita quando aveva 5 anni, sia le parole della ricercatrice e scrittrice Caterina Satta quando ci ha parlato del suo ‘Per sport e per amore”. La presidente dell’Istoreco, Carla Roncaglia, con la sua garbata introduzione ha saputo cogliere il sottile filo che lega la conoscenza della storia contemporanea del dopo guerra con le trasformazioni avvenute nella vita e nelle aspettative dei bambini e delle loro famiglie.
Il volume di Caterina Satta (nella foto) edito da Il Mulino, 2017, è il frutto di una ricerca della sociologa dell’infanzia che ha trascorso molti pomeriggi, per ben due anni, con i ragazzi della scuola giovanile di una squadra di calcio della seria A.
Con loro c’erano i dirigenti, gli allenatori ed i genitori, che hanno confidato a Caterina Satta le loro opinioni e mostrato le loro reazioni durante gli allenamenti, le partite e le decisioni della scuola. Alcune delle cose ascoltate, per me sono novità da aggiungere al bagaglio personale frutto di mera esperienza e di alcuni insegnamenti derivati dai nostri genitori.
La scuola calcio che occupa in genere tre pomeriggi ogni settimana e qualche ora la domenica per gli incontri di tornei, si prefigge a detta dei dirigenti, di educare i bambini, senza introdurre aspettative di successo o guadagni, con metodi ed esempi lineari che favoriscono la solidarietà e l’amicizia, l’impegno e il rispetto di regole semplici. Da qualche tempo le scuole hanno adottato il nome di Academy che nobilita il loro ruolo e le fa idealmente ascendere al livello vagamente universitario.
I ragazzi quindi tra la scuola alla mattina ed al campo di calcio nei pomeriggio trascorrono un ampio lasso di tempo in luoghi con attività disciplinate accanto a persone che sono incaricate di insegnare e di far rispettare quelle regole.
Gli spazi “per” i ragazzi non sono quindi spazi “dei” ragazzi, dove loro possano decidere che cosa fare e giocare o parlare con i loro modi e la loro fantasia. Il rischio è quello di ‘istituzionalizzare’ anche il tempo libero, tempo che dovrebbe liberare la fantasia e la personalità col divertimento ed il riposo.
Nel gergo si parla di ‘’isole’’ ed i ragazzi passano da un’isola all’altra durante il periodo che in genere va da settembre a giugno.
Quella scuola peraltro consente la presenza del genitore che quindi assiste agli allenamenti ecc. , così cambiando invero il rapporto tra genitori e figli, tra genitori ed allenatori, tra genitori e dirigenti in un circolo che merita molta attenzione e buon senso.
C’è poi l’osservazione degli atteggiamenti tra i genitori del ragazzo – diversi pareri tra mamma che per lo più assiste e babbo che lo fa di rado – ma anche tra genitori dei vari ragazzi durante e dopo allenamenti e partite a seconda dei risultati e delle ‘bravure’. E qui si possono veder affiorare le nascoste aspettative che però covano spesso sotto la cenere.
In sostanza per Caterina Satta la scuola di calcio non riesce ad essere quella educatrice che si professa ed i genitori non riescono a non pensare al sogno che ci offrono le immagine tv in troppe occasioni.
Da qui nasce la esigenza che si trovino tempi e modi per consentire loro di avere anche momenti di piena autonomia per giocare in libertà; perché questo è il loro bisogno e lo manifestano apertamente. Sta a noi considerarli non solo dei piccoli che debbono crescere, ma piccoli che nel presente hanno le loro esigenze. Il libro dovrebbe stare sul tavolo di insegnanti di scuola e genitori per meglio conoscere e rispettare la natura dei bambini. ruggeromorelli@libero.it
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