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13 Dicembre 2024

Al Goldoni Flauto Magico con il vento in poppa


( Angela Simini) Livorno – novembre. Con applausi lunghi ed entusiastici nelle due rappresentazioni e con una standing ovation per Lindsay Kemp, il Flauto Magico di Mozart è decollato col vento in poppa come nuovo allestimento della Fondazione Goldoni di Livorno, coprodotto col Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Verdi di Pisa, in collaborazione con il Luglio Musicale di Trapani. Un successo ben augurale per il debutto della stagione lirica livornese che ha visto andare in porto tante sue iniziative, dalla preparazione dei giovani nei laboratori del teatro alla collaborazione con le scuole ( perseguita quest’ultima fin dagli anni ’90), alla valorizzazione dei talenti locali, vedi la bellissima esposizione di gigantografie scattate dall’artista Giovanna Talà a Lindsay Kemp, allestita nei locali del Teatro e il ritorno sulla nostre scene del basso profondo Manrico Signorini.
Ma procediamo per ordine. Fluido, agile, di grande effetto per scenari e costumi, lo spettacolo ha decollato avvalendosi della regia di Lindsay Kemp, che ha dato una lettura più universale del Flauto, semplificando ancora in più l’impostazione che ne aveva dato a Livorno nell’edizione del 1999. L’opera, che debuttò al Theader auf der Wieden il 30 settembre 1791 come ultimo capolavoro teatrale di Mozart (che morì improvvisamente il 5 dicembre 1791) ha un’impronta decisamente massonica e illuministica, anche se il sorriso dell’autore riesce a temperare le rigidità delle formule e del pensiero, fondendo favola e magia, il drammatico cammino verso la luce e il bene con l’elemento popolare e plebeo, anticonvenzionale e gaudente. Kemp cercò, come egli stesso ha dichiarato nel 1999, di privilegiare i valori universali dell’opera, salvaguardando comunque i simboli specificamente massonici. Nell’attuale edizione invece ha polarizzato la sguardo sull’iniziazione di Tamino alle prove della vita, alla conquista della saggezza e dell’amore e all’ammissione nel tempio di Sarastro. Sostanzialmente impianto scenico, costumi e regia sono rimasti quelli dell’edizione precedente: struttura classica del tempio, sullo sfondo, con varianti apportate dallo scenografo Sergio Seghettini col quale hanno lodevolmente collaborato gli allievi del Liceo Scientifico Cecioni, guidati dal professor Raffaello Gaimari, ai quali ultimi si deve la realizzazione del Drago a inizio spettacolo. E questo vale come merito, anzi apprezzabile merito il recupero, soprattutto in tempi di crisi, già i uso in un teatro. Su tre belle biciclette bianche, escamotage del 1999, sono comparsi i tre Geni, tre fanciulli livornesi che hanno cantato in tedesco, preparati da Marisol Corballo, mentre i teatri solitamente chiamano in questo ruolo, bambini tedeschi. Diverse nei due cast, è doveroso nominarle tutte e sei: Margherita Carnicelli, Martina Niccolini, Alice Schiasselloni, Chiara Delfino, Francesca Spiller, Agnese Casarosa.
Su tutti ha svettato la imponente voce del basso Manrico Signorini, nelle vesti di Sarastro, che aveva già dato una performance sopra le righe nell’edizione del 1999: voce profonda e duttile, unita ad una sicura presenza scenica, Signorini è stato, come si era intuito nella presentazione dell’opera, il punto di riferimento del cast. E con lui si deve segnalare la prestazione del baritono William Hernandez che ha tecnica e temperamento, comunicativa e simpatia innate e che, comunque, sa recitare e vivacizzare la scena. Nell’insieme abbiamo avuto nelle due rappresentazioni voci decorose e intonate, in particolare Sarah Baratta (Regina della Notte, 11 novembre).
Generoso il CLT Coro Lirico Toscano, che preparato dal M° Marco Bargagna, costituisce sempre una fonte di sicurezza e che ha dato un bel saggio del Coro Bachiano, imponente, armonioso, convincente. Un plauso all’Orchestra Regionale della Toscana che, guidata dal M° Dejan Savic, ha assicurato una prestazione costante di buona esecuzione.
Ha piacevolmente sorpreso infine il grande omaggio reso alla fotografa di scena, l’artista Giovanna Talà, che ha speso una vita sul teatro d’opera e che ha scritto e composto un libro di indubbio valore su Lindsay Kemp, il “genietto artista” del palco, che il pubblico ha potuto ammirare nella Hall del Goldoni. Quest’anno le foto di Giovanna Talà sono state esposte nella mostra a Villa Trossi “Fotosensibile Città e Teatro nella Fotografia di Giovanna Talà”, dove il Ballerino di Liverpool ha avuto uno spazio rilevante. In occasione della regia del Flauto, i tre teatri di Livorno, Lucca, Pisa e Trapani, hanno acquistato foto inedite della Talà su Kemp, che le figlie Paola e Enrica Talà hanno tradotto in gigantografie belle e suggestive, che viaggeranno con l’opera ovunque venga rappresentata.