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27 Luglio 2024

Cambiare il bicameralismo di privilegi e lobby


(Cristiano Toncelli) Livorno – novembre. La decisione spetta agli indecisi. Almeno, così dicono i sondaggi riguardo il prossimo referendum costituzionale. E’ utile allora mettere a fuoco il senso di questa riforma, evitando di entrare nei meandri dei singoli articoli. C’è un punto infatti che più degli altri caratterizza la modifica che siamo chiamati ad approvare. Non è la riduzione del numero di parlamentari e neppure il robusto taglio agli emolumenti dei consiglieri regionali di tutta Italia. Come pure non lo è la pur necessaria redistribuzione delle competenze tra Stato e Regioni, oggi origine di lunghissimi contenziosi. Il cuore della riforma è eliminazione di quel bicameralismo perfetto che, nato a seguito di un compromesso tra i Costituenti, si è rivelato il perfetto brodo di coltura per i difensori di lobby e privilegi. Un unicum a livello mondiale che, vale la pena notare, si discute di abolire da oltre 30 anni (inclusi alcuni che ora si oppongono a questa riforma, dopo averla pure votata in Parlamento). La presenza di due camere con identiche competenze, formate con leggi elettorali diverse e che si palleggiano le leggi tra loro ha creato nel tempo una giungla perfetta per tendere imboscate ai disegni di legge. Senza contare il record di ben 63 governi in 70 anni. Al Senato, poi, i numeri risicati su cui finiscono per reggersi gli esecutivi ha prodotto dei veri campioni del trasformismo opportunista. Ma l’effetto peggiore si è avuto in campo economico. Alla fine degli anni ’80, terminata la Guerra Fredda e iniziata la globalizzazione, l’Italia avrebbe dovuto attuare le riforme necessarie per rimanere al passo con gli altri paesi più industrializzati. Ecco però che i poteri di veto delle lobby sono entrati in azione. Il risultato è stato il lento scivolamento del Paese nella stagnazione economica, nonché l’esplosione del debito pubblico, cioè del costo caricato sui giovani e le future generazioni, che nel 2011 è arrivato quasi a schiacciarci. La politica ha finito così per avvilupparsi nei tatticismi, salvo ricorrere periodicamente a governi tecnici per il “lavoro sporco” non più rinviabile (vedi le riforme previdenziali Dini e Fornero). Visto tutto questo, appare particolarmente meschina la scelta di alcune forze politiche di usare questo referendum come strumento per abbattere il governo in carica. Un governo che dovrebbe comunque dimettersi dopo poco più di un anno. In gioco c’è molto di più. C’è il tipo di futuro che vogliamo per questo Paese. Poiché se la riforma sarà bocciata, alla fine delle scosse politiche tutto tornerà come prima. Sarebbe la scelta giusta?
Ex-Vice-Sindaco – Membro Comitato “Giovine Italia”