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27 Luglio 2024

Costa, colline, periferie e recupero del centro per una Livorno moderna. Intervista a Mauro Grassi


(Ruggero Morelli) Livorno, 5 luglio. A margine del seminario :” I nuovi programmi di rinnovo urbano ed edilizio’‘ promosso a da Ance-Confindustria e Ordine degli architetti, ho fatto alcune domande a Mauro Grassi, uno dei relatori che è stato assessore all’urbanistica ed ambiente del Comune di Livorno ed ora Direttore della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, presso la presidenza del consiglio.
La crisi dell’edilizia è indubbia, e tu hai parlato di un calo degli investimenti pubblici. Quali dati è opportuno conoscere?
r.- Il tema degli investimenti pubblici in Italia, è in primo luogo un tema di quantità. Su un totale di spesa che si è mantenuta negli anni dal 2010 al 2016, fra gli 800 e gli 830 miliardi, gli investimenti pubblici sono passati da un peso sul totale della spesa del primo decennio del 2000 nettamente superiore al 6% (6.3%, con la punta del 6.7% del 2009) a valori al di sotto del 4.5% nell’ultimo triennio. In valore assoluto si può rilevare che, a parità di spesa totale, avremmo avuto negli ultimi 6 anni investimenti pubblici in più di oltre 75 miliardi con una media intorno ai 13 miliardi in più per anno .
Che cosa sarebbe avvenuto per Livorno?
r.- Per una sistema locale come può essere la provincia di Livorno, dividendo i mancati investimenti sul peso della popolazione (con una ovvia semplificazione ), si tratta di una “perdita potenziale” in 6 anni di circa 420 milioni. Cioè circa 70 milioni all’anno. Non ci vuole molto a capire cosa sarebbe oggi l’Italia, e con essa le tante Livorno del paese, con questa iniezione di investimenti in più sul territorio. Specialmente se questi investimenti si fossero indirizzati non tanto a incrementare le grandi vie stradali e autostradali (necessarie in alcuni casi ma oramai sicuramente non prioritarie) ma piuttosto le aree “di cura del territorio” : riqualificazione ambientale, prevenzione dei rischi, rigenerazione urbana e nuove modalità di trasporto sostenibile. Cosa che il Governo ha fatto, si pensi alle risorse in più destinate alla rigenerazione delle periferie.
Ecco perchè si può dire che il primo problema degli investimenti pubblici in Italia è in questi ultimi anni un problema di quantità. Non si intende in questo caso far riferimento alle necessità del paese. Che sono tante, in tanti settori, distribuite nell’intero territorio nazionale e affrontate , spesso senza un coordinamento nazionale, da una pluralità di soggetti pubblici e istituzioni locali.
Infatti, confrontando con lo stesso metodo, l’andamento della spesa corrente degli ultimi 6 anni si può rilevare un surplus di oltre 110 miliardi con una media annuale intorno ai 18 miliardi e mezzo (con punte di oltre 25 miliardi nel 2013 e di oltre 22 miliardi nel 2016).
Si può quindi affermare che le scelte “implicite” nella gestione della spesa pubblica del paese hanno favorito una crescita sostenuta della spesa corrente ed invece una netta contrazione degli investimenti: contravvenendo in questo modo il principio fondante della “spending review”.

Le difficoltà del settore costruzioni.
Con questi dati sull’andamento degli investimenti nel paese è evidente che ne deriva una contrazione della produzione edilizia che riguarda sia gli investimenti privati, in particolare il settore delle abitazioni che gli investimenti pubblici.
Fatto 100 l’indice di produzione industriale del 2010 il declino è stato dapprima sostenuto e quindi stabilizzato su un valore decisamente sotto a 70.
Quindi i segnali di ripresa economica pur incoraggianti anche se non ancora soddisfacenti, dal lato dell’occupazione vedono un settore edilizia, tradizionalmente trainante nella crescita, non ancora avviato al superamento della crisi.
Ed allora che fare per il settore della edilizia?
r.- Ora ci sono due strade per tentare un rilancio del settore e quindi per dare un sostegno alla crescita economica . Da una parte si parla infatti di ridare fiato all’edilizia non modificando la tradizionale via italiana: ripresa delle costruzioni con minori “lacci e lacciuoli”, con imprese non sempre all’altezza dell’innovazione e della qualità progettuale e dell’organizzazione del lavoro. Si sente riparlare anche di condoni e di incentivi, finanziari o regolativi, a nuovi processi di urbanizzazione.
..e dall’altra?
r. – Un’altra via che si sta facendo strada : quella di una ripresa forte del settore edilizio e dei lavori pubblici ma non teso ad allargare la macchia delle zone urbanizzate e delle infrastrutture, con evidente incremento di consumo del suolo, ma piuttosto legato alla cura del nostro territorio, delle nostre città e del nostro paesaggio rurale, montano e agrario. E’ la via che punta a dotare il paese di una seria legge contro il consumo di suolo che magari non guardi ad un domani troppo lontano (nell’attuale proposta di legge giacente in parlamento si prevede di azzerare il consumo di suolo nel 2050!) la fine dello spreco e della incultura. Anche perchè ad oggi il consumo di suolo è elevato nel paease e cresce ancora pur a fronte di vasti, e spesso strategici dal punto di vista della localizzazione, siti inutilizzati e dismessi.
Ed è la via centrale della rigenerazione urbana, della qualificazione del territorio con la efficienza energetica, la sicurezza dai rischi naturali e di recupero della bellezza e della funzionalità delle città e dei borghi minori.
Il Governo ha investito molto in questi settori, basta ricordare solo gli ultimi provvedimenti legati ai bonus energetici e ai bonus della ristrutturazione antisismica, dopo quelli più tradizionali legati alla ristrutturazione degli edifici. E anche i quasi due miliardi destinati al Piano Periferie con una prima tranche di 24 progetti per 500 milioni di contributi Statali e con investimenti complessivi (compresi i co-finanziamenti pubblici e privati) stimati in 1,1 miliardi di euro. Altri 1.600 milioni di euro sono stati individuati per 800 milioni attraverso una delibera del Cipe, mentre gli altri 800 sono arrivati con un Dpcm di destinazione delle risorse del Fondo Investimenti (comma 140 della Legge di bilancio 2017).
In questo modo tutti i 120 progetti inseriti nella graduatoria del 6 dicembre scorso, in seguito al bando del 30 maggio 2016, potranno essere finanziati. Il totale degli investimenti sviluppati dai 120 progetti è stimato, a fronte di 2 miliardi di contributi statali, in 3,9 miliardi di euro. Il comune di Livorno, che si è piazzato al 76° posto nella graduatoria con 50 punti riceverà un contributo di circa 18 milioni.
Tutto questo che sembra molto, sarà sufficiente?
r.- Si tratta certamente di iniziative buone da parte del Governo centrale. Ma la rigenerazione urbana per essere tale ed avere effetti di scala visibili e percepibili dalla popolazione deve salire di livello quantitativo di investimenti e qualitativo di progettazione di molte volte. E quindi deve diventare un processo lungo, centrato su iniziative e risorse private , delle famiglie e delle imprese, magari con un intervento dello Stato che può essere incentivante con risorse ma più che altro con le norme dei regolamenti.
Quali caratteri e criteri per la rigenerazione urbana?
r.- Questi possono essere i nuovi “driver” della rigenerazione urbana: a) Incentivi statali a favore della rigenerazione e della trasformazione urbana per una maggiore sostenibilità ambientale, una minore dispersione della popolazione sul territorio e per la ricomposizione del tessuto e delle maglie del costruito; b) Nuove regole che tendano a favorire il recupero dei siti inutilizzati, o tendano a creare vincoli più stringenti sul nuovo consumo di suolo; e magari una tassazione di scopo che va a favore degli interventi di recupero; c) una pianificazione capace di dare indirizzi ai privati per intervenire sulla rigenerazione urbana e sulla riqualificazione stando più attenti alla qualità urbana, alla bellezza e alla funzionalità, piuttosto che al banale indicatore del volume in metri cubi del costruito.
A tal proposito a che punto siamo a Livorno con l’idea urbanistica della città?
r.- Aggiungo altre domande su questioni che conosco meglio: Come sta il progetto unitario sulla costa marina? Come sta il progetto di recupero della collina livornese ? E come sta il tema della ricucitura fra nuove periferie e centro della città? E come si cerca di riqualificare la nuova Livorno costruita al di là della ferrovia? Inserendo nuovi e oramai obsoleti centri commerciali? E come si risponde, in maniera unitaria e trasparente, alle tante iniziative di piccole modifiche proposte da famiglie e imprenditori nel tessuto costruito della città evitando il “laissez faire”, che magari deturpa ancora di più il paesaggio urbano, ma anche evitando il “blocco burocratico” che toglie spirito creativo ai cittadini. Insomma una bella discussione sulla città del futuro deve essere la base su cui dare a famiglie e imprenditori la voglia e lo spazio per investimenti migliorativi della città.
La città deve essere rifatta, recuperata. Ricostruita. L’abbiamo usata per un secolo. Ci è servita per migliorare la nostra vita. E’ ora di cominciare a stare in città migliori, più funzionali e più belle. Ricordo una frase di Italo Calvino nelle Città Invisibili: ”M.Polo: L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”

Appunto, riconosciamo cosa c’è da tenere e cosa c’è da cambiare e cosa c’è da buttare: e diamo spazio al bello che c’è dentro la città.