Da Roma alle sale The Place di Paolo Genovese
10 Novembre 2017
Roma, 9 novembre. Ha chiuso la Dodicesima edizione della Festa di Roma l’atteso film di Paolo Genovese dopo il successo di ‘Perfetti sconosciuti.’ Il regista versatile e preparato dimostra di essere capace di passare dalla commedia ad una riflessione più profonda sui vizi e virtù dell’essere umano con un film privo di azioni, molto teatrale e con tanti interpreti bravi e convincenti. Il punto di partenza è una domanda “cosa saresti disposto a fare per ottenere ciò che desideri?”. Che sia una donna, la salvezza di un figlio, la bellezza, lasciarsi alle spalle un padre, ritrovare l’amore di un figlio o di un marito, il proprio dio o la vista. A farla è un uomo, ordinario, che non dorme mai ed è sempre seduto in un bar che si chiama appunto “The Place”. Una grossa agenda come compagna. Non ha nome, passato, identità. Ha solo un compito, esaudire i desideri dei poveri diavoli che vengono da lui. E che si chiedono se sia un diavolo lui stesso. E lo è, ma non vuole l’anima. Non tutta intera, almeno, ne vuole un pezzo, vuole qualcosa in cambio.Chi è quest’uomo?un mediatore del destino, un inviato da Dio o il Diavolo in persona interessato ai dettagli degli eventi che come suggerisce l’adagio ”Il Diavolo si nasconde nei dettagli”. Pur senza citarli direttamente si avvertono letture e interessi di regista e sceneggiatori da Dostoevskij, ad Hannah Arendt(la banalità del male) ed anche Sartre con la sua celebre frase ‘l’essere umano è condannato ad essere libero”.
L’uomo con l’agenda più che un diavolo che non risponde mai alle domande, è un daimon, la manifestazione fisica dell’anima di un individuo convinto a stipulare un patto Faustiano. L’uomo non è l’abisso, ma uno specchio dei desideri umani anche I peggiori e per soddisfarli lo fa con soluzioni crudeli e fantasiose, un kafkiano distributore di vite alternative meglio dunque non chiedersi “Cosa saresti disposto a fare per ciò che desideri?”. Contro ogni moralismo, il film costringe a entrare nei personaggi quasi costretti a sbagliare per vivere meglio, scoprendo il proprio lato oscuro, la parte dell’ombra che alberga in ciascuno di noi.
Sono straordinari gli attori: Mastandrea con quegli occhi stanchi, quelle frasi lapidarie, quello scrivere su una grossa agenda. La rabbia calma di Borghi, il candore nero della Lazzarini, l’ossessività di Papaleo, la coppia Muccino-D’Amico, il cinismo della Puccini, ed anche a Marchioni, Rohrwacher , Marco Giallini che attraversa, col suo personaggio, le vite degli altri, ed infine la curiosa Sabrina Ferilli desiderosa di indagare la vita dell’uomo misterioso.
Genovese ha scelto un film rischioso viene chiesto a Mastandrea “Paolo ha fatto un doppio salto carpiato e per questo è da rispettare. Non perché è passato da una commedia a un dramma, ma perché questo film ha un registro particolare che devi accettare. Ed è chiaro che se fai un’operazione così complessa chiami a recitare sul campo chi ha già giocato tanto a pallone. Ognuno sceglie, da solo, poi magari può anche confrontarsi con gli altri, condividere, però, insomma, la scelta individuale rimane uno dei passi fondamentali per la propria evoluzione. Se uno ha il coraggio anche di andare dentro le proprie paure più profonde, è molto più doloroso, molto più difficile, quasi impossibile, però quando raschi il fondo del barile puoi sempre prendere lo slancio per riuscire”. DN
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