La storia di Aladino Simoni, palombaro
30 Agosto 2018
(Massimo Masiero) Piombino, 30 agosto 2018. Era nato a Rio Elba, un piccolo comune dell’isola, nel lontano 1914. E dai prati in collina dove conduceva le capre a pascolare nei terreni agricoli del nonno, aridi e scarsamente remunerativi, per dare una mano in famiglia, pur di non andare a scuola, allungava lo sguardo verso il mare sterminato, azzurro, solcato dai velieri a vele spiegate del Canale di Piombino. Il suo sogno, quello di essere a bordo di uno di quei vascelli. E’ così che inizia la straordinaria storia di Aladino Simoni, palombaro, raccontata in un libro scritto da lui stesso. Una vita intensa, di rischi e sacrifici, di esperienze e di avventure, di vicende e di soddisfazioni, degna di essere vissuta. Dai suoi appunti, dai manoscritti e dalle pagine di diario ne è nato “Quaderni di Bordo”, che il figlio Guido Simoni, ha raccolto in un volume, edito da Media Print in una elegante produzione curata da Silvia Di Batte e Simona Tessitori, illustrato da una rara documentazione fotografica di luoghi e personaggi sulla ricostruzione dei porti di Piombino, Livorno e Portoferraio nell’immediato dopoguerra degli anni quaranta del secolo scorso.
Il libro sarà presentato sabato prossimo 1 settembre 2018, alle 21 al Villaggio Makula, piazza Bovio, a Piombino. Sarà introdotto dal contrammiraglio Piero Vatteroni, presentato da Francesca Giacchè, autrice del volume “Testa di Rame”, presente lo stesso curatore, Guido, anch’egli palombaro. I proventi saranno devoluti alla fondazione Ospedale Pediatrico Meyer.
Aladino aveva settantotto anni quando decise di raccogliere le sue memorie. Ne è nata la cronaca avvincente della vita dei palombari e dei marittimi del Novecento attraverso gli anni di pace e in guerra. “L’autobiografia è condensata in tre quaderni di appunti, riempiti da mio padre, dotato di una ferra memoria, in pochi mesi – racconta il figlio Guido – con una lucidità incredibile in cui ha raccontato una vita piena di sacrifici e ricca di emozioni, scendendo in dettagli che solo forti sensazioni possono suscitare”.
La sua famiglia era dedita all’agricoltura e alla pastorizia, il padre di Aladino lavorare nelle miniere elbane, ma lui era attratto dal mare. A nove anni abbandonò la scuola e s’imbarcò su una feluca da pesca. A quattordici anni era a bordo di una goletta come mozzo e riuscì a ottenere il libretto di navigazione. Una passione che crebbe con gli anni. Aladino s’imbarcò su grandi velieri e racconta di essere stato giovanotto di prima e timoniere viaggiando in lungo e in largo sul Mediterraneo e spingendosi, a bordo del Letizia, grande veliero di quei tempi, fino al Centro America. A diciotto anni era già marinaio, qualifica che premiava la sua capacità. Fece un secondo viaggio in Giamaica e gli ultimi viaggi sui vascelli sospinti dalle vele, in particolare sulla nave commerciale Letizia, poi i bastimenti a vapore sostituirono le vele. Si chiudeva un’epoca. Nel 1934, Aladino ricevette la cartolina per il servizio militare e naturalmente fu assunto nella Regia Marina Militare. Un corso al Varignano, base militare presso la Spezia, poi a bordo dell’incrociatore pesante Bolzano con la qualifica, non comune, di palombaro, scelto per le sue qualità e per la sua preparazione, dopo un corso estremante selettivo, che superò brillantemente. E la storia continua in guerra e in pace. Con le gioie, gli impegni, i sacrifici, il senso del dovere, la famiglia, i figli, che seguirono la sua vocazione. Storie che s’intrecciano, si aprono e chiudono con gli storici imprenditori livornesi da Tito Neri ai Ghezzani, che lo cercavano e lo stimavano. Fino alla sua ferma decisione di andare in pensione dopo quaranta anni di attività trascorsa in fondo al mare e a Piombino, dove ha vissuto e che lo ricorda come testimone “di una stirpe di lavoratori del mare, che ha segnato la storia della nostra marineria”.
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