Paolo Belforte, editore libraio che ha valorizzato la cultura livornese
29 Settembre 2018
(Massimo Masiero) Livorno, 28 settembre 2018. Quando afferravi il maniglione di metallo e lo spingevi per aprire la porta di legno naturale che incorniciava la vetrata ed entravi nella libreria sotto i portici di via Grande al numero 91, sembrava di metter piede in un luogo, che suscitava rispetto. Le pareti coperte di scaffalature zeppe di libri, il bancone lungo e sempre sommerso da volumi di ogni forma e spessore. Dall’altra parte vicino all’ingresso la cassa. Poi incontravi lui, il titolare, quell’uomo dagli occhi chiari e il sorriso sempre pronto, affabile e gentile, elegante e partecipe, che accoglieva i clienti come un vecchio amico e li consigliava, guidava e spiegava loro le ultime novità esposte nel suo regno, quella fucina di sapere e di conoscenza, di cui rimanevi prima sorpreso, poi ammirato e dove infine entravi in confidenza. Paolo Belforte era così, spiccata personalità e innata cortesia. Con il trascorrere degli anni il locale era stato trasformato e ammodernato perché i frequentatori dovevano essere a loro agio. Ecco che allora i banconi laterali erano spariti e sostituiti da una grande “ingombro” al centro del salone a disposizione di tutti. Si poteva toccarli, leggerli, anche sfogliare: era nato il primo supermercato dei libri, ognuno si serviva da solo e se ne aveva necessità lui e le sue assistenti provvedevano a toglierti d’impiccio. E poi c’erano le riviste: tante, le meno diffuse, quelle rare e ricercate, le più specializzate, sempre presenti. Poi trascorsi gli anni sessanta, settanta, ecco i primi incontri con gli autori, che presentano i loro libri, i dibattiti in fondo al grande spazio con le sedie appiccicate per far accomodare più persone possibile, perché quelle conferenze e quei faccia a faccia richiamavano una folla non solo di intellettuali ma di persone che si affacciavano per le prime volte in libreria, prima con circospezione poi con ammirazione, spinte sempre dalla curiosità. E nel periodo settembrino, era un pullular di mamme, babbi, nonni e nonne per la prenotazione dei libri scolastici di ogni ordine e grado. File lunghe e le attese altrettanto. Ma Belforte era il punto d’approdo per la Livorno che contava e di quella che contava meno, ma si affidava all’esperienza e all’organizzazione della “casa”. In quella libreria potevi trovare di tutto un po’ dagli ultimi vincitori dello Strega, Campiello, Viareggio ai libri mignon della Scheiwillwer e a quelli, per gli amici che Paolo Belforte omaggiava per il Natale e il Capodanno degli anni settanta e settantuno: “I sistemanti” di Enrico Albani, “Livorno in salsa” di Aldo Santini e “I proverbi livornesi” raccolti da Giorgio Fontanelli con in copertina il disegno dei Quattro Mori di Giuseppe Viviani.
Sempre all’avanguardia, al passo con i tempi, il librario editore raccontava a chi gli chiedeva un’opinione sul best seller più venduto del momento, ma difficile per il lettore anche attento: “Quando in un libro non riesci a superare le prime settanta pagine, cessa di leggerlo”. Una massima che molti tenevano presente. La lettura deve essere un piacere non una fatica. Era di antica famiglia ebraica. I Belforte in città sono di solida stirpe, hanno superato il duro periodo delle leggi razziali e dell’ultimo conflitto, rifugiandosi in Garfagnana. Poi il ritorno a Livorno e l’apertura nell’immediato dopoguerra della libreria di famiglia con Paolo ventenne e il padre Luigi.
masierolivorno@gmail.com
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