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27 Luglio 2024

Francesca Bria, la nuova tecnologia a Livorno e l’esperienza a Barcellona


(Ruggero Morelli)Livorno, 9 luglio 2018. Quando ci avviciniamo al tema della partecipazione nella vita pubblica, subito affiora Giorgio Gaber:Libertà è….partecipazione.
Ne parlammo su Ognisette con Antonio Floridia, studioso di flussi elettorali e percentuali di votanti ed astenuti, di aree e momenti dal 1946 in poi.
Poco più di dieci anni fa ci siamo trovati avvolti da internet ed è iniziata la ricerca allo scopo di comunicare meglio.
Qui a Livorno la giunta guidata da Alessandro Cosimi, chiusa la esperienza delle circoscrizioni, chiamò nel 2009 a collaborare all’amministrazione comunale Darya Majidi.
Imprenditrice esperta di informatica, cercò con serio impegno – oggi tradotto anche in un suo libro ”Donna 4.0 , ed. Amazon – di rendere la macchina del Comune adeguata alle trasformazioni veloci delle imprese e dei singoli cittadini. La città di Bologna da tempo cercava nuove forme di ascolto per la eleborazione di progetti urbanistici di quartiere e facilitare la realizzazione di nuove opere per la mobilità, la scuola e la cultura, in sostanza la qualità della vita.
Eguale obbiettivo si è prefissa in Spagna, la città di Barcellona che nel 2016 ha chiamato a far parte della giunta/ajuntament Francesca Bria. La giovane economista italiana stava lavorando per la fondazione Nesta, agenzia per la innovazione sociale britannica, con Geoff Mulgan autore del recente libro Big mind, ed.Codice, che la consigliò di accettare l’incarico offertole.
Lo scopo della giovane sindaco Ada Colau era di rendere moderna la città dando alla nostra Bria la delega di ‘Chief technology and digital innovation officer”.
A quel momento Francesca Bria coordinava il progetto D-cent: , un progetto europeo per la creazione di strumenti digitali, con architettura decentralizzata, software open source, privacy-by-design, per la democrazia partecipata e lo sviluppo delle capacità di emancipazione economica.
Parlando con Luca De Biase di Nova:”«Certo, sono stata chiamata per portare a Barcellona quella filosofia. La città vuole rigenerare la sua democrazia. Qui la partecipazione è molto forte. Le piazze e i luoghi di aggregazione sono ricchi di discussioni politiche, di associazioni che si occupano del quartiere, che fanno proposte urbanistiche e socio-economiche. La tecnologia può aiutare lo sviluppo e la forza di questa attività di base modernizzando gli strumenti. E la città può essere protagonista dell’innovazione, non semplice utente: ritrovando una sovranità tecnologica». E descrive così quanto fatto per il Comune di Barcellona:”«Abbiamo i fab-lab per la sperimentazione e la formazione alle nuove forme della manifattura. Abbiamo gli incubatori per la crescita delle startup. Abbiamo i centri di connessione tra le aziende tradizionali e le più piccole imprese innovative. Abbiamo eccellenti università, pienamente parte del processo di innovazione. Nel quadro di una storia chiarissima: Barcellona lavora sempre cercando di alimentare l’ecosistema pubblico-privato, puntando sulle tecnologie più avanzate, senza lesinare le risorse finanziarie, purché i fondi servano alla crescita del valore comune».
Sappiamo bene quanto sia difficile calibrare il ruolo della parte pubblica, che non deve gestire ma favorire la crescita dei vari settori per un disegno ideato, favorito e nei limiti anche finanziato – qui ci ricorda le tesi di Mariana Mazzucato, l’altra economista italiana che opera e insegna in Gran Bretagna, nel suo libro Lo stato imprenditore. E quanto sia difficile promuovere la partecipazione per rendere davvero i cittadini partecipi delle scelte. Per questo Francesca Bria ci parla delle sue esperienze a Roma sia con il musicista Sinopoli che col giurista Rodotà.
Stefano Rodotà è stato infatti una guida per coloro che affrontavano la trasformazione tecnologica per lo sviluppo dei diritti umani. Quindi la formazione di Bria in famiglia e negli studi ha favorito l’incontro con il marito, Morozov, storico della tecnoligia, con il quale ha scritto un saggio per Rosa Luxemburg Stiftung: Democratizing urban technology sul tema della smart city. Questo lo scopo:”Per avere – dice – una città semplice da usare, aperta all’innovazione e teconolgicamente sovrana(padrona dei dati).”
”Così a Barcellona la smart city non parte dalla tecnologia ma dalle esigenze dei cittadini e dalle politiche pubbliche”. E’ possibile aggiungere che una corretta e ampia partecipazione favorisce quella trasparenza negli appalti e nelle assunzioni oggi tanto necessaria.
Questo racconto che leggiamo sul Sole 24 ore di domenica 8 luglio, ricorda il metodo e le esperienze che Renzo Piano ha creato dal suo studio di senatore: Librino a Catania – Serpentara a Roma – borgata Vittoria a Torino – Giambellino a Milano. Che hanno dato vita ad una legge sul recupero delle periferie.
ruggeromorelli@libero.it