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6 Ottobre 2024

Gli studenti livornesi hanno ricordato Giovanni Falcone. A Firenze un archivio della memoria su mafie e poteri occulti


Livorno,23 maggio 2017. Oggi, martedì 23 maggio, anche gli studenti livornesi sono scesi in strada per celebrare il 25° anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, insieme agli uomini della scorta.
Hanno attraversato il centro della città fino a Palazzo Comunale dove, sullo scalone d’ingresso, hanno appeso uno striscione con la scritta: “Livorno ricorda Giovanni Falcone”.
I ragazzi coinvolti nell’iniziativa sono stati gli studenti delle scuole: ITI” Galileo Galilei”; Liceo Scientifico “ F.Cecioni”; IIS Vespucci Colombo; ITL Alfredo Cappellini; Liceo Classico “ Niccolini-Palli” e Liceo Scientifico “F. Enriques”.
Venticinque anni fa, il 23 maggio, la strage di Capaci, in cui insieme alla moglie e ai tre agenti di scorta morì il giudice Giovanni Falcone. Due mesi dopo, il 19 luglio, l’assassinio con un’altra bomba del collega Paolo Borsellino. Ventiquattro anni fa, sempre alla fine di maggio, la strage dei Georgofili a Firenze. L’Italia ricorda.
Il maxi-processo che si concluse nel 1987 con diciannove ergastoli e 2.665 anni di carcere fu la prima sconfitta della mafia. E quando il 30 gennaio 1992 la Corte di Cassazione confermò la pena e sopratutto l’impianto di quel processo, la risposta furono quelle stragi.
“Sarebbe lungo l’elenco dei servitori dello Stato che hanno sacrificato la loro vita per combattere la mafia – ha sottolineato l’assessore Vittorio Bugli, che stamani, nell’anniversario della strage di Capaci, ha partecipato di prima mattina alla diretta di Rai Tre Toscana “Buongiorno Regione” per parlare di legalità e nel pomeriggio è intervenuto in Consiglio regionale. “Celebrare però questa giornata – ha detto- non significa solo ricordare questi servitori dello Stato, il loro lavoro e onorarne la memoria. Significa anche ribadire il primato dello sforzo per affermare la legalità. Un no alla mafia che serve anche a sottolineare l’attualità della lotta alla mafia”. Che oggi si manifesta in modo diverso, ma continua ad esistere. 392 sono i beni confiscati: ma ancora pochi sono stati destinati. Lo dicono i sequestri e le confische di beni e aziende, anche in Toscana: 348 immobili e 44 aziende. E proprio sui beni confiscati si è soffermato nel suo intervento. “Solo 52 immobili e due aziende sono già destinati, gli altri aspettano e sono in gestione presso l’agenzia nazionale istituita nel 2010 – ha ricordato Bugli – C’è una legge, approvata nel 1996 a seguito di una petizione popolare, che consente l’uso per finalità sociali di questi beni. Segue ad un’altra legge altrettanto importante, del 1982, che aveva introdotto lo strumento della confisca. In questo modo si sono potute colpire al cuore le associazioni criminali. Ma l’attuale sistema mostra una serie di limiti piuttosto evidenti”. E’ in difficoltà l’agenzia nazionale, per mancanze di risorse e personale. Sono in difficoltà i comuni più piccoli.
Con il nuovo codice si auspicano procedure più veloci. “Ci affidiamo al nuovo direttore dell’agenzia, il prefetto Sodano, per velocizzare le pratiche. E’ anche essenziale – ha sottolineato l’assessore – approvare velocemente il nuovo codice antimafia, che la Camera ha già licenziato ad ottobre del 2015 ed ora è in discussione in Senato”. La nuova normativa permetterebbe infatti di rendere più efficace e tempestiva l’adozione di misure di prevenzione patrimoniale, di sequestro e di confisca ed anche l’assegnazione in via provvisoria dei beni confiscati, oltre alla riorganizzazione dell’agenzia nazionale e l’istituzione di tavoli provinciali permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate.
Aiuterebbe, ad esempio, anche il trasferimento della fattoria di Suvignano nei comuni di Monteroni d’Arbia e Murlo in provincia di Siena, tra i beni di maggior pregio tra quelli sequestrati in Toscana alla criminalità organizzata. Una questione da anni aperta, su cui la Regione ha firmato nel 2016 un protocollo d’intesa con il ministero delle politiche agricole per accelerare il passaggio alle amministrazioni locali e lo sviluppo poi di un progetto di sviluppo.
Ococrre affermare la cultura della legalità. “Vendere i beni confiscati – ha spiegato l’assessore – dovrebbe essere solo un’ipotesi residuale e fortemente controllata. Un principio va ribadito con forza: i beni confiscati rappresentano una risorsa e la priorità resta il loro utilizzo per finalità di carattere sociale, come strumento di riscatto e per affermare in modo credibile e concreto la presenza dello Stato”. Lotta dunque all’illegalità, ma anche affermazione della cultura della legalità, che è fatta di memoria e di iniziative nelle scuole e che si costruisce anche attraverso i giovani che d’estate lavorano le terre confiscate alla mafia: tutte azioni su cui, assieme ad associazioni come Libera, Arci o la Fondazione Caponnetto, la Regione Toscana ha fortemente investito in questi anni. Lo ha fatto a partire dalla creazione nel 1994 di un centro di documentazione “Cultura per la legalità democratica”, che tuttora è una struttura praticamente unica dalle Alpi alla Sicilia: un archivio sui misteri e poteri occulti, le stragi, l’eversione, la mafia pure e la criminalità organizzata aperto a studiosi, curiosi ed addetti ai lavori, ma che lavora (tanto) anche con le scuole e con i giovani. Una ‘casa della memoria’ all’ultimo piano di Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, con seimila libri, 871 volumi delle Commissioni parlamentari d’inchiesta, 161 tesi di laurea, 55 periodici, 237 film, documentari e audiovisivi, novemila documenti e 339 sentenze penali, quattro fondi d’archivio, banche dati e cataloghi informatizzati, dalle Brigate Rosse all’attentato Moro fino alla P2 di Licio Gelli.