Nelle sale a febbraio The shape of water, vincitore del Leone d’Oro a Venezia
15 Settembre 2017

Nella sua nuova opera, The Shape of Water, il visionario Guillermo del Torto racconta una fiaba gotica ricca di suggestioni fantasy, ambientata nel pieno della Guerra Fredda americana (siamo nel 1962) e incentrata su una giovane eroina che non parla. A causa del suo mutismo, l’addetta alle pulizie Elisa (Sally Hawkins) si sente intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine, specchiandosi negli sguardi degli altri, si vede come un essere incompleto e difettoso, così vive la routine quotidiana senza grosse ambizioni o aspettative. Incaricate di ripulire un laboratorio segreto, Elisa e la collega Zelda (Octavia Spencer) si imbattono per caso in un pericoloso esperimento governativo: una creatura squamosa dall’aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d’acqua. Elisa si avvicina sempre di più al “mostro”, costruendo con lui una tenera complicità che farà seriamente preoccupare i suoi superiori. Thriller,storia d’amore per adulti ma anche metafora del valore della diversità e implicito riferimento alla politica americana verso clandestini ed immigrati.
Premiato con la miglior sceneggiatura “I Tre manifesti a Ebbing, Missouri,” è una dark comedy applaudita da pubblico e critica, diretta dal premio Oscar Martin McDonagh (In Bruges – La coscienza dell’assassino). Sono passati diversi mesi dall´omicidio di sua figlia e Mildred Hayes (attrice premio Oscar Frances McDormand), poiché ancora non è stato trovato il colpevole, decide di rompere il silenzio, comprando tre cartelloni stradali che generalmente indicano la direzione verso la propria cittadina, per scrivere un messaggio polemico nei confronti di William Willoughby (attore nominato all´Academy Award Woody Harrelson), lo stimato capo della polizia locale. La situazione si complica quando l´agente Dixon (Sam Rockwell), un ragazzo immaturo e viziato, si intromette fra Mildred e le forze dell´ordine di Ebbing.
Premio Orizzonti a Susanna Nicchiarelli per “Nico 1988” Ambientato tra Parigi, Praga, Norimberga, Manchester, nella campagna polacca e il litorale romano, Nico, 1988 è un road-movie dedicato agli ultimi anni di Christa Päffgen, in arte Nico. Musa di Warhol, cantante dei Velvet Underground e donna dalla bellezza leggendaria, Nico vive una seconda vita dopo la storia che tutti conoscono, quando inizia la sua carriera da solista. La sua musica è tra le più originali degli anni ‘70 e ‘80 ed ha influenzato tutta la produzione musicale successiva. La “sacerdotessa delle tenebre”, così veniva chiamata, ritrova veramente se stessa dopo i quarant’anni, quando si libera del peso della sua bellezza e riesce a ricostruire un rapporto con il suo unico figlio dimenticato. Nico, 1988 racconta degli ultimi tour di Nico e della band che l’accompagnava in giro per l’Europa degli anni ‘80. È la storia di una rinascita, di un’artista, di una madre, di una donna oltre la sua icona con un ottima interpretazione di Trine Dyrholm.
Una balena spiaggiata. Hannah, donna in là con gli anni, decide di andarla a vedere prima che la carcassa venga rimossa da lì. È in quello sguardo, in quella immagine-riflesso il senso del nuovo film di Andrea Pallaoro, triestino ma da anni in USA, che si affida a Charlotte Rampling (nella foto) vincitrice della Coppa Volpi, per raccontare senza enfasi lo sgretolarsi della vita di una donna dopo l’arresto del marito. Rimasta sola. prova a condurre la vita di sempre, dal lavoro (le pulizie in una casa dove allo stesso tempo deve accudire un giovane cieco) alle prove di recitazione con il gruppo teatrale, passando per il nuoto libero e la voglia (non corrisposta) di tenere in piedi il legame con la famiglia del figlio. Quello che interessa a Pallaoro è provare a mettere a confronto questo sgretolamento privato con le relazioni umane e le pressioni sociali. donatellanesti@libero.it
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