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3 Maggio 2024

La pietra d'inciampo dedicata a Gigliola Finzi (foto Simini)

La piccola Gigliola e le altre vittime livornesi dell’Olocausto ricordate nel Giorno della Memoria


(Angela Simini) Livorno, 27 gennaio 2021 – Il 27 gennaio del 1945, quando finalmente furono aperte le porte del lager di Auschwitz, passato alla storia come Giorno della Memoria, è stato ricordato in città con varie e degne iniziative, tra le quali particolarmente emozionante e commovente è stata la dedica di una “Pietra di Inciampo”, a Gigliola Finzi, la piccola di pochi mesi, uccisa dai nazisti prima dell’ingresso ad Auschwitz. Della sua barbara e raccapricciante fine ha dato notizia Frida Misul, reduce livornese dell’Olocausto, nel suo diario, una delle prime testimonianze scritte sulla deportazione e i suoi orrori. La cerimonia, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio insieme al Comune di Livorno, con la collaborazione della Comunità Ebraica, della Diocesi e di Istoreco, si è conclusa con la deposizione di fiori davanti alla sua stolpersteine, piccolo blocco di pietra, ricoperto da una lastra di ottone sulla quale è riportato il nome, l’anno di nascita, il giorno ed il luogo della deportazione, la data di morte della povera bimba. La nuova Pietra di Inciampo si trova ora in via Verdi, al numero 25 di quella che avrebbe dovuto essere la casa di Gigliola e che invece non è mai stata sua. La sua famiglia infatti è stata costretta ad una lunga odissea, dapprima si è rifugiata con altri ebrei a Roccatederighi, provincia di Grosseto, dove Gigliola nacque il 19 febbraio 1944. Ma nemmeno qui la piccola comunità potè sopravvivere, perché i nazisti vi fecero irruzione e avviarono i rifugiati ad Auschwitz. Narra Frida Misul: “.. un tedesco, per caso, vide che una delle ragazze teneva un grosso involto tra le braccia. Le fu intimato di far vedere che cosa c’era dentro e questa, tutta sconvolta e tremante, aprì uno scialle nero di lana e apparve una bella bambina di circa 6 mesi. La madre supplicò tanto il tedesco di non farle del male e chiese di andare dove sarebbe andata sua figlia per seguire lo stesso destino. Ma il tedesco con un grande sogghigno prese la povera creatura, le strappò i poveri stracci didosso e poi, con grande sveltezza, la scosciò davanti agli occhi inorriditi della madre e di noi tutti”. Né la madre, la livornese Berta Della Riccia, né i suoi familiari fecero più ritorno”
Del rifugio degli ebrei a Roccatederighi ci ha dato notizia la scrittrice Laura Paggini, presente alla cerimonia, nel documentatissimo libro “ Pesante come una piuma”, dove la storia, vista con gli occhi di un adolescente, lascia spazio anche all’immaginazione e al sentimento, ma dove i conti della realtà storica, purtroppo, tornano tutti.

All’apertura dell’incontro, avvenuto davanti all’ ex Odeon, alla presenza delle classi 5° A e 5° B della Scuola Elementare Benci, il prefetto Paolo D’Attilio e Anna Ajello, responsabile della Comunità di Sant’Egidio di Livorno hanno parlato del valore etico della memoria come richiamo del più grande vaccino contro l’odio, la guerra e il razzismo. L’assessore alla cultura Simone Lenzi ha ricordato che Livorno senza ebrei non esisterebbe, la nostra città è nata con gli ebrei, l’eredità ebraica è nella nostra cultura, nei nostri usi, perfino nella nostra cucina. Ed ha aggiunto: “ La ferita profonda delle leggi razziali dipende dal fatto che gli ebrei come tanti altri italiani furono in prima fila nel Risorgimento, pagarono il loro tributo di sangue nella Prima Guerra mondiale, questo dimostra quanto mai vili e scandalose furono le leggi razziali e il comportamento di tanti italiani” . Ed ha messo il dito sulla piaga “Non deve esistere una versione autoassolutoria di questa storia, le leggi razziali non furono solo un tributo pagato all’ alleato tedesco: l’antisemitismo era già moneta corrente in Italia, quella serpe c’è sempre e dobbiamo avere la prontezza di metterci il piede sopra!”
Vittorio Mosseri, presidente della Comunità Ebraica di Livorno “Dobbiamo uscire dalla contrapposizione :io, noi, loro. Non sono accettabili le offese a chi è ebreo, di recente il nostro Rabbino è stato offeso al mercato”. E rivolgendosi ai bambini delle scuole : “Bimbi, la memoria della Shoah non è per i morti, è fatta per i vivi di oggi e di domani, per difendere quello che con tanto sacrificio è stato ottenuto”.

Significativo l’ intervento della direttrice di Istoreco Catia Sonetti: “La Shoah e le leggi razziali non furono uno sbaglio, un incidente ma la conseguenza di tanti passi. Le ricerche storiche ci dicono che a Livorno la tragedia è stata più grande di quanto ci raccontiamo”.
Estremamente commovente la testimonianza di Edi Bueno, 90 anni, che ha narrato la sua vita di bambina, quando cioè era stata allontanata dalla scuola, maltrattata e offesa dai compagni piccoli come lei, quando, al bar Lazzeri in via Grande, la commessa negò a lei e al suo fratello un gelato. Intervento molto seguito e sentito dalla folla che ha seguito l’evento. Infine, dopo l’intervento della direttrice didattica delle Benci, prima della deposizione di fiori alla pietra di inciampo per Gigliola Finzi, il Rabbino di Livorno, Avraham Dayan, ha letto un salmo per chiedere aiuto a Dio per il futuro e per ricordare quel milione e mezzo di bambini ebrei uccisi nella Shoah.

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