Vent’anni fa scompariva Carlo Coccioli, livornese di Città del Messico
5 Agosto 2023
(Redazione) Livorno, 5 agosto 2023 – Sono passati vent’anni e sembra ieri. Oggi, sabato 5 agosto, ricorre il ventesimo anniversario della scomparsa di Carlo Coccioli, uno dei maggiori scrittori italiani contemporanei, tra i pochi di caratura internazionale, il cui nome fu abbinato diverse volte, quando era in vita, al premio Nobel per la letteratura.
Coccioli scriveva regolarmente in italiano, francese e spagnolo ed i suoi libri sono stati tradotti, spesso da lui stesso, in una ventina di lingue. Era un uomo di grande cultura ed intensa spiritualità. Nella sua vita ha attraversato, praticandole, quattro religioni: cattolica, ebraica, induista e buddista.
Tra le sue opere più famose vi sono “Il cielo e la terra” del 1950, “Fabrizio Lupo” del 1952, “L’erede di Montezuma” del 1964, “Uomini in fuga” del 1972, “Davide” del 1976 con cui fu finalista al Campiello e vinse il premio Basilicata, “Piccolo Karma” del 1987, “Budda” del 1990, “Tutta la verità” del 1995. In Messico veniva considerato l’alternativa ad Octavio Paz. In Francia era stato definito il Gide italiano, con chiaro riferimento allo scrittore André Gide.
Lontano discendente per parte di madre di Amedeo Modigliani, oggi Coccioli non è adeguatamente valorizzato, soprattutto in Italia, dove ha vissuto poco, avendo trascorso la gran parte della sua esistenza in Messico, ma dove ha sempre mantenuto una casa, prima a Firenze e poi a Livorno, città in cui prese la residenza tentando un improbabile rientro negli anni Novanta.
Nato a Livorno il 15 maggio 1920, è scomparso a Città del Messico il 5 agosto 2003. È sepolto nel villaggio messicano di Atlixco, nello stato di Puebla, ma aveva espresso il desiderio di essere seppellito nella cappella della famiglia Duranti, quella della madre, a Livorno.
I critici affermano che Coccioli ha avuto il merito di introdurre nei propri romanzi il tema dell’omosessualità in una poetica di conciliazione con la fede. Ciò è vero. È stato, in questo senso, un precursore. Però va anche ricordato che, in tempi assai diversi da oggi, ha pagato duramente questa sua scelta. Non bisogna infatti dimenticare che, a causa dello scalpore che suscitò fin da subito con i suoi romanzi, agli inizi degli anni Cinquanta dovette abbandonare l’Europa per trasferirsi in America e in particolare in Messico, dopo che sul finire degli anni Quaranta aveva abbandonato l’Italia per la Francia.
Oggi, a vent’anni dalla scomparsa, è giunto il momento di riscoprire Carlo Coccioli per valorizzare il personaggio oltre che l’indiscussa originalità della sua opera letteraria. La cultura e la società italiana ed europea devono molto a quest’uomo parco e sarcastico i cui romanzi sono spesso pervasi dalla sua esperienza religiosa in sovente mutazione. Il suo percorso di vita è stato anche e soprattutto un percorso spirituale. Non solo ha avuto il coraggio di parlare in modo esplicito dell’omosessualità, ma è stato anche uno dei primissimi a trattare il tema dell’alcolismo ed è stato un antesignano dell’animalismo. Era un grande cinofilo e si è battuto strenuamente contro la vivisezione animale.
Come fa notare il giornalista Marco Ceccarini, che ebbe modo di conoscerlo ed intervistarlo a più riprese negli anni Novanta, Livorno gli ha intitolato una strada nei pressi degli scali Novi Lena dove era nato e gli ha conferito la Livornina d’Oro alla memoria. Sarebbe tuttavia importante che, adesso, si avverasse quello che era un suo desiderio personale: avere una “targa piccina piccina”, come diceva lui stesso, al Famedio di Montenero. Coccioli rimase molto colpito, visitandolo, del fatto che a Livorno, sul colle che sovrasta la città, esista un Famedio, come a Parigi e Milano, dove sono ricordati, con lapide, i livornesi illustri. Il Rotary Livorno è disposto a realizzare la targa ed a farne dono al Comune. Non appena le ultime questioni burocratiche saranno risolte, la targa potrà essere posta al Famedio.
Coccioli con Livorno è stato generoso. Quando risiedeva in città regalò tutte le sue opere letterarie al Comune. Ma soprattutto nel testamento ha fatto dono alla città del suo inestimabile fondo culturale contenente manoscritti, carteggi, lettere private e missive pubbliche, perfino beni materiali. Si tratta di un lascito di inestimabile valore che arricchirebbe il patrimonio della città. Occorrerebbe però che tutto questo materiale fosse condotto, finalmente, da Città del Messico a Livorno.
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