Moby Prince. Le prime novità a 26 anni dalla tragedia
10 Aprile 2017
(Massimo Masiero) – Livorno, 10 aprile. Sono trascorsi 26 anni e ancora si è alla ricerca delle verità, quelle che da un quarto di secolo ormai attendono i familiari delle 140 vittime, bruciate tra le fiamme del traghetto Moby Prince, che prese fuoco alle 22,25 del 10 aprile 1991, andando a finire sul fianco della petroliera Agip Abruzzo in una serata dal mare calmo e dalla visuale tutta da definire allora, ma oggi, con le indagini della Commissione parlamentare d’inchiesta sembra fosse delle più nitide. Il presidente della Commissione senatore Silvio Lai e il vice senatore Luciano Uras hanno riferito giorni or sono sulle prime risultanze dell’inchiesta, riprese, diffuse e definite “inquietanti”, di quelle che è considerata la più grave sciagura della marineria italiana. Una strage che si è svolta tra nebbie fantasma e segnalazioni di navi americane cariche d’armi, che avrebbero lasciato la fonda nella stesse ore dell’impattp e di cui si era fatto cenno immediatamente dopo la tragedia. Oggi si sono svolte le cerimonie di commemorazione con l’inaugurazione del giardino della memoria, realizzato con 140 gerani bianchi, con vicino una targhetta con il nome dei morti, nella Fortezza Nuova, dove è stata posta, accanto al monumento a memoria delle vittime, una targa di Federico Cavallini con inciso il nome Koningin Juliana, nome della nave olandese, poi acquistata dalla Navarma e trasformata in traghetto. Il vescovo Simone Giusti ha celebrato la messa in Cattedrale. In serata all’Andana degli Anelli è stato deposto un cuscino di rose del Presidente della Repubblica e una corona di alloro alla lapide commemorative. Poi le 140 rose gettate in mare dai familiari, dopo la lettura dei nomi delle vittime.
Le novità acquisite dalle audizioni e dalla indagini sono state rese note, in vista dell’anniversario,il 7 aprile, dal senatore Silvio Lai, presidente della Commissione, e dal suo vice senatore Luciano Uras. Le principali notizie sono state acquisite dall’organismo parlamentare attraverso le audizioni. Smentiscono clamorosamente le indagini, svolte in tutti questi anni, e le sentenze della Procura di Livorno.
La prima è che la nebbia non c’era. “Innanzitutto non c’è alcuna testimonianza che affermi che c’era nebbia – ha affermato il presidente Lai – I timoni della Moby Prince furono trovati fermi a 30 gradi: questo vuol dire che funzionavano e qualcuno li ha tenuti con forza in quella direzione per evitare un ostacolo”.
A bordo i passeggeri e l’equipaggio sono sopravvissuti a lungo: “La sentenza – ha spiegato Uras – ricostruisce la morte delle persone in 30 minuti. Non è assolutamente così, le morti sono avvenute in un lasso di tempo differenziato. Non sappiamo per quanto tempo, ma di sicuro ben oltre i trenta minuti”.
I sopravvissuti si potevano salvare, ma i soccorsi non sono mai arrivati. Nella sentenza del processo “si punta sull’errore umano a bordo della Moby – ha sottolineato Uras – ma l’ipotesi è esattamente l’opposto: di fronte all’evento catastrofico il personale ha mantenuto il sangue freddo e ha atteso i soccorsi”, mai arrivati. E proprio dai soccorsi è iniziata l’indagine della commissione perchè era impossibile che siano state lasciati morire passeggeri e equipaggio. L’unico superstite è stato salvato da una barca degli ormeggiatori. Inoltre il senatore Uras ha raccontato che “i rimorchiatori, le barche più attrezzate, stavano vicino alla petroliera, e la motovedetta della capitaneria di porto è intervenuta solo quando la Moby era ormai erosa dalle fiamme”.
Troppi “eventi anomali”. Fa riflettere quanto aggiunto dal presidente Silvio Lai: “Non è normale che una petroliera investita da una nave alta 60 metri, dica alla radio che è stata investita da una bettolina, richiamando i soccorsi solo su di sé e che non si dica da dove provenisse davvero quella nave e che non sia stato fatto un esame adeguato a bordo della petroliera subito dopo il disastro. Come non è normale che sei mesi dopo la petroliera sia stata distrutta”.
Si è anche parlato di un ordigno a bordo senza mai avere una conferma. E’ stata l’ipotesi più inquietante, che le indagini della Procura di Livorno e il processo avevano ritenuto infondata, ma che invece la commissione d’inchiesta cerca di approfondire. Accertare se a bordo del traghetto sia esploso un ordigno.
I risultati della Procura di allora erano stati diversi. Recentemente tuttavia l’attuale Procura della Repubblica di Livorno, lo ha annunciato il presidente Lai, ha aperto nuove indagini. La fase iniziale di quelle della Commissione d’inchiesta sono consistite nella lettura degli atti del processo, nell’audizione di numerosi esperti e di nuove testimonianze. Una realtà molto diversa della vicenda rispetto a quella giudiziaria. E’ emerso che la Moby Prince ha tentato “disperatamente” di evitare l’impatto con la petroliera, e che il suo equipaggio ha attivato in modo corretto le “procedure per mettere in salvo i passeggeri”.Niente a che vedere con la ricostruzione ufficiale che fu fatta allora dello scontro, provocato in parte da una nave senza governo. Lo ha illustrato Silvio Lai, che crede invece che “la Commissione debba innanzitutto restituire la dignità, non solo ai passeggeri morti in quella tragedia, ma soprattutto all’equipaggio che si è sacrificato per tentare di salvare tutte le persone a bordo”. Intanto l’onorevole Marisa Nicchi, Mdp, ha dichiarato oggi partecipando al corteo commemorativo per la sciagura: “Ventisei anni sono troppi. Troppi anni sono passati e ancora la verità è avvolta dal mistero. Per questo torniamo a Livorno, come ogni anno, per esprimere solidarietà e vicinanza ai familiari delle vittime e per chiedere verità e giustizia. Crediamo che anche le istituzioni debbano fare la loro parte e per questo oggi ho voluto partecipare personalmente al corteo di Livorno”. “Questa rimane una delle ferite aperte nella comunità toscana. La Regione si impegnerà in tutti i modi possibili per tenere sempre vivo il ricordo e stimolare la giustizia e l’accertamento dei fatti”. Ha detto il presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani, questa mattina, alla deposizione della corona al monumento in ricordo delle vittime, con accanto il presidente dell’Associazione “140 Vittime del Moby Prince”, Loris Rispoli. Il sindaco Filippo Nogarin ha sottolineato con forza nel suo intervento che “mai come adesso la verità è un atto rivoluzionario”.
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